L’allargamento a est dell’UE

Non vorrei mettere in difficoltà Matteo [Renzi] dicendo agli imprenditori venite in Albania perchè non ci sono i sindacati o venite in Albania perché le tasse sono al 15 per cento. Non voglio mettere in difficoltà il mio amico, dicendo di venire qui perchè i sindacati ci sono in italia ma non in Albania.

– Edi Rama, primo ministro albanese –

Presidenziali in Grecia, la scommessa persa della Grande Coalizione

Alla fine la Grande Coalizione non ce l’ha fatta ad allargarsi ulteriormente. Il candidato Presidente Dimas al terzo voto è rimasto fermo ai 168 voti che aveva già raggranellato al secondo voto, 12 in meno di quelli che gli sarebbero serviti per essere eletto e per continuare la legislatura. Non è andato in porto l’accordo con i Greci Indipendenti che offrivano la possibilità di votare il Presidente in cambio di elezioni a fine 2015.

Invece ora la Grecia andrà a elezioni anticipate da tenersi nella prima metà del 2015. EDIT: sono state annunciate per il 25 Gennaio, prestissimo!

La Grecia è oggi l’unico paese europeo ad avere la prospettiva concreta di un governo di sinistra “radicale”. Tutti i sondaggi danno Syriza stabilmente primo partito oltre il 32% mentre il secondo partito è la destra di Nuova Democrazia non arriva al 30%. Ad oggi però anche i sondaggi più favorevoli danno a Syriza tra i 140 e i 150 seggi, ad un passo dalla soglia di 151 voti necessari per avere una maggioranza in Parlamento. Tsipras si è già trovato a svolgere colloqui per la formazione del governo nel 2012, in quell’occasione ha mantenuto ferma la linea del governo delle sinistre proponendolo alla sua sinistra al Partito Comunista di Grecia KKE e alla sua destra a Sinistra Democratica e anche ai socialisti del PASOK. Ricevendo rifiuti da tutti.
A questo giro i sondaggi danno una quindicina di seggi al KKE, zero a Sinistra Democratica e 15/20 all’Ulivo, nuova veste elettorale del PASOK.
L’ipotesi di una nuova Grande Coalizione è debole. Ulivo e Nuova Democrazia insieme raggiungerebbero un centinaio di seggi. Teoricamente potrebbero aggiungersi una trentina tra Greci Indipendenti e Il Fiume (liberali tendenzialmente vicini all’Ulivo). Ma le vicende dell’elezione del Presidente dimostrano che l’accordo politico non è scontato. Al di fuori di ogni possibile ragionamento resterebbero 15/20 deputati nazisti di Alba Dorata.

C’è da considerare l’ultima possibilità, ovvero che si ripeta il 2012 e, vista l’impossibilità di formare un governi, si torni a votare nel giro di un paio di mesi. Nella speranza, per la Troika, che gli elettori tornino a votare come si deve.

In ogni caso, la Grande Coalizione ha provato a scommettere sull’elezione del Presidente e ha perso in maniera clamorosa. E di questo possiamo brindare.

Post Scriptum: si, ho fatto il gufo nei post precedenti sulle presidenziali e la possibilità di elezioni anticipate. Resto convinto che dare per scontato sempre l’opzione migliore sia deletereo. Ora già i media di sinistra danno per scontato che Tsipras guiderà a breve il governo. Spargere ottimisimo in questo modo è la maniera migliore di spargere delusioni. Nel 2012 in Italia sembrava che la lotta fosse finita perchè Syriza era arrivata seconda (per la verità allora i sondaggi erano molto più risicati). In tutto questo l’unica cosa buona è che abbiamo una memoria cortissima e anche quella delusione è stata dimenticata subito.

Cosa vuol dire essere un buon Presidente della Repubblica?

Avevo intenzione di scrivere un post su come dovrebbe essere secondo me un buon Presidente della Repubblica, dopo aver tanto parlato di perché Napolitano è stato un pessimo PdR. Giannuli mi ha preceduto, sostanzialmente condivido il suo impianto, sarei giusto un filo meno moralista.

Quirinale, no ad un Napolitano Terhttp://www.aldogiannuli.it

“Quando parlo di “Napolitano ter” parlo di un Capo dello Stato in continuità con l’uscente che è stato uomo di parte, dimentico di essere il Presidente di tutti gli italiani e fattosi capo di una maggioranza politica, poco sensibile ai valori costituzionali, disinvolto interprete di norme e consuetudini e propenso ad invadere campi non suoi. Ecco: uno così non lo vogliamo.

E non vogliamo neppure un Presidente prono ai voleri della Bce e, per così dire, in “sintonia speciale” con Palazzo Chigi. C’è già una quantità di nomi più o meno di questo genere: Veltroni, Cassese, Pinotti, Franceschini, Grasso, Gentiloni e via dicendo. Ma lasciamo perdere i nomi e vediamo i requisiti base che, per noi, un Presidente dovrebbe avere.” 

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Ma dopo aver illustrato come dovrebbe essere un buon Presidente si dovrebbe dire chi potrebbe essere un buon Presidente. E la verità è che non è un cristo che risponda a questi requisiti che abbia possibilità di esser eletto.

Noi del PRC non stiamo in Parlamento, quindi d’ora in avanti tratto di fantapolitica. Cosa dovrebbe fare chi condividesse questi principi (cioè, quello che resta di SEL in Parlamento, parte del 5 stelle, qualche dissidente del PD…)? Probabilmente individuare un buon nome che sia vagamente credibile e fare propaganda su quello. Come si fece con Rodotà. Per intenderci, se si vuole fare un po’ di propaganda fatta bene bisogna portare un nome che potrebbe realmente fare il Presidente. Gino Strada evidentemente non va bene, Pietro Ingrao evidentemente non sta bene, Rossana Rossanda è in esilio. Quindi, o si rifà con Rodotà o ci si inventa qualcuno di nuovo. Ed è difficile trovare qualcuno di nuovo a sinistra. I leader sindacali o sono morti prematuramente o hanno avuto tutto il tempo di sputtanarsi in politica (vero, Cofferati?), dei leader della sinistra politica non parliamone neanche (Bertinotti ha già dato su uno degli alti scranni della Repubblica) che è meglio. Resterebbe da scandagliare quel territorio di intellettuali che ogni tanto fanno politica o di politici che ogni tanto fanno gli intellettuali. Micromega e la sinistra di Repubblica, per intenderci. Ma tra Asor Rosa, Tronti, Canfora, Revelli, Flores D’Arcais e compagnia è difficile trovare qualcuno che negli ultimi anni non abbia dato segni di demenza senile.
Oppure, ultima opzione, qualche “giovane” di belle speranze dovrebbe sacrificarsi. Guido Viale Gianni Rinaldini. O meglio ancora, Annamaria Rivera o Lorenza Carlassare. Certo, rimane sempre da chiedersi se sarebbero mai disponibili a una cosa destinata a sconfitta sicura.

Ecco, questo parlando di cosa si dovrebbe fare. Purtroppo quello che si farà sarà una cosa diversa.
Perchè sappiamo perfettamente che a Renzi basta giocare la carta Prodi per far abboccare SEL e dissidenti PD. Non per eleggere veramente Prodi (che quantomeno sarebbe ostile alle intese sottobanco con Berlusconi) ma per distrarre Vendola e Ciwati da qualunque campagna politica attorno alla Presidenza della Repubblica. Vedi elezione di Grasso e Boldrini, ma vedi anche il balletto Rodotà-Prodi-Rodotà di SEL.
E d’altra parte sappiamo anche che i 5 Stelle faranno una fatica boia a stare compatti, verranno schiacciati dai media che li accuseranno di fare l’ennesima operazione sterile, di “sprecare” un’altra volta i loro voti nella pura testimonianza. Verranno spinti a cercare un’impossibile mediazione su qualche nome di alta autorità, magari giocando sul fatto che un giudice della Corte Costituzionale o che un tecnico economista non è uno degli odiati politici di professione.

L’amara conclusione è che chiunque diventi presidente dopo Napolitano, saremo costretti a fare i conti a lungo con la presidenza monarchica plasmata dal migliorista.

Ambientalismo e governo

Tutte le “culture critiche” degli ultimi due secoli, dal frikkettonismo al marxismoleninismo-pensierodiMaoZedong, hanno subito la sussunzione da parte del capitale. L’attuale Presidente della Repubblica era un PCI-ista di ferro che si complimentava per l’azione militare sovietica in Ungheria nel ’56, i giornali borghesi sono pieni di gente che viene da Lotta Continua e dal Manifesto, gli anarchici di una volta fanno gli opinionisti per Confindustria, i decrescisti che a Genova assaltavano la zona rossa ora partecipano all’Expo a braccetto con Renzi e Farinetti
Rimane innegabile che più una “cultura critica” si presenta come nuova e svincolata dai vecchi meccanismi che hanno fatto fallire le altre, più velocemente viene riassunta nell’ordine esistente. Questi due articoli ragionano di Taranto, ma colgono punti generali.

Il Governo dell’ambientalismo
di Francesco Ferri su http://www.siderlandia.it

In quest’ottica, il tema del governo sembra interessare l’ambientalismo da due punti di vista differenti ma connessi. Il sapere ambientalista è sottoposto – come tutti i movimenti potenzialmente idonei a sovvertire l’ordine delle cose – al costante logoramento da parte di strumenti, retoriche, interventi che lavorano per depotenziare, limitare, indirizzare, disinnescando la sua carica potenzialmente trasformativa. In una parola, l’ambientalismo è costantemente sottoposta ai tentativi di governo da parte dei dispositivi di potere che, tramite l’inserimento nell’ordine del discorso ambientalista di efficaci elementi retorici di indirizzo e cattura, tendono a normalizzare la sua carica potenzialmente sovversiva, finendo col rendere l’ordine generale del discorso ambientalista compatibile con la razionalità dominante, a Taranto e ovunque: quella del mercato e del profitto.

Da questo punto di vista, un certo trionfalismo con il quale si descrive l’evidente consenso e partecipazione che accompagnano le manifestazioni in difesa dell’ambiente è probabilmente per lo meno frettoloso: non facciamo sufficientemente i conti con la capacità dei dispositivi di potere di inserirsi, recuperandole e governandole prima ancora che tramite divieti e censure, nelle pratiche di movimento potenzialmente sovversive. Il punto è centrale, e sembra opportuno precisarlo ulteriormente: questa capacità di recupero non si sviluppa principalmente tramite l’imposizione di forme del divieto (che resta comunque un’ipotesi residuale e emergenziale) ma, al contrario, avviene inducendo la proliferazione del discorso ambientalista lungo percorsi consolidati, in direzione dell’assoluta compatibilità con l’esistente, in un efficace processo didisciplinamento sociale.

 

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Why I *still* dont think it’s likely that North Korea hacked Sony.

Dubbi sull’attacco hacker che sarebbe stato portato dalla Corea del Nord alla Sony.
Certo, dare la colpa alla Corea del Nord fa comodo a tutti.
Fa comodo agli USA, per i motivi evidenti.
Fa comodo alla Corea del Sud che può continuare a mantenere l’attenzione internazionale sul pittoresco governo di Pyongyang, e continuare a mettere fuori legge i partiti d’opposizione e in galera i sindacalisti senza che nessuno fiati.
Fa comodo alla Sony che è stata più volte vittima di attacchi hacker e, buttandola sul “terrorismo di stato nordcoreano” eviterebbe di finire ancora una volta in tribunale con chi (dipendenti, clienti etc etc) è stato danneggiato dall’attacco.

Marc's Security Ramblings

Interview-facebook

So the FBI has come out and said it. North Korea was behind the Sony hack. With some pretty strongly worded rhetoric, they lay out exactly why they feel confident enough to lay the blame for this criminal act at the doorstep of a foreign nation.  Finally, they express their deep concern about how these events unfolded, stating that these events pose “one of the gravest national security dangers to the United States”. Pretty strong stuff. World-cyber-war One here we come.

Let’s take a look at the evidence that led the FBI to this conclusion. (At least the evidence that they were willing to share publicly).

  • Technical analysis of the data deletion malware used in this attack revealed links to other malware that the FBI knows North Korean actors previously developed. For example, there were similarities in specific lines of code, encryption algorithms, data deletion methods, and compromised networks.

So…

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Ancora sulle presidenziali in Grecia

Alla seconda votazione la Grande Coalizione è arrivata a 168 voti: 155 di Nuova Democrazia e PASOK e 13 indipendenti. E’ già iniziato il fuggi-fuggi da Sinistra Democratica che ha perso due deputati che sono diventati indipendenti per votare il Presidente. Ma, ancora meglio, anche due fuoriusciti di Alba Dorata hanno votato per Dimas!
Alla terza e ultima votazione il 29 dicembre servono altri 12 voti per raggiungere i 180 necessari. Restano “convincibili” una trentina di deputati tra indipendenti, Sinistra Democratica e Greci Indipendenti. Negli ultimi giorni è circolata l’ipotesi che i Greci Indipendenti (casualmente, 12 deputati) potrebbero votare Dimas in cambio dell’impegno a convocare elezioni anticipate a fine del 2015.

Per la situazione di partenza, leggi il mio vecchio pezzo La scommessa della Grande Coalizione.

Per lo sviluppi nei primi due voti, leggi Marco Santopadre su Contropiano.org: Atene, il premier a caccia di voti per evitare le elezioni anticipate

 

Un rapido bilancio della presidenza Napolitano

Razzi è indubbiamente uno dei gioppini contro cui è più facile far polemica, simbolo della politica trasformista e senza serietà. C’è un dettaglio che però viene spesso tralasciato: ogni volta che si parla male di Razzi bisognerebbe ricordarsi che ad avere creato il mostro è stato Sua Inviolabile Maestà Giorgio Napolitano.

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Facciamo un passo indietro. Autunno 2010. Gli studenti stanno manifestando da mesi contro la riforma Gelmini e nel paese s’è diffusa una forte simpatia per la FIOM in seguito allo scontro frontale con Marchionne. Il governo Berlusconi è debole, Fini si sta riciclando come possibile nuovo leader del centro, processi e sentenze si fanno sempre più vicini. Un quadretto in cui si aspettava la caduta del governo (con conseguente morte della riforma Gelmini, tra l’altro) e nuove elezioni. Quando Fini rompe gli indugi e ritira i suoi ministri dal governo sembra il momento buono. Berlusconi non ha più i numeri per ricevere la fiducia dal Parlamento. Sembra fatta. Al sottoscritto studente in mobilitazione da mesi sembra che ce l’abbiamo fatta, abbiamo veramente resistito un giorno più del ministro.

Se non che.

Se non che da mesi si sa che Berlusconi sta trattando con i senatori più ballerini dell’opposizione.

Se non che i presidenti di Camera e Senato decidono di fissare un calendario curioso per il voto di sfiducia, il giorno 16 novembre 2010 decidono di far votare il 14 dicembre 2010. Lo fanno dopo un colloquio privato con Giorgio Napolitano. Ripetiamo insieme: il presidente della Camera Fini vuol far cadere il governo, parla col Presidente della Repubblica Napolitano e decide di dare un mese di tempo. Sapendo perfettamente che Berlusconi sta contrattando con Razzi e gli altri l’appoggio al governo.

Il 14 dicembre 2010 la Camera fa passare Berlusconi, 314 contro 311. Due astenuti.

In sostanza, tra novembre e dicembre 2010 Napolitano ha brigato perchè il governo Berlusconi IV rimanesse in carica, fra l’altro salvando il posto da parlamentare a Razzi. Un anno dopo avrebbe brigato per far saltare Berlusconi e piazzare Monti.

E in fondo Razzi è solo un sottoprodotto di Napolitano. Ogni volta che ci si sente indignati per la presenza di un buffone del genere nelle istituzioni bisognerebbe ricordare che questo tipo di buffoni sono quello che serve alla politica seria dotata di senso delle istituzioni e altissima responsabilità morale per fare le sue manovre.

Brancaccio sull’euro e Le Pen

In particolare:

– La seconda ipotesi politica stigmatizzata dal monito degli economisti è quella che il Fronte Nazionale in Francia ha ribattezzato con il termine «patriottismo economico». È l’idea di chi vuol mettere in discussione non soltanto la moneta
unica ma anche il mercato unico europeo, nonché il sistema dei diritti individuali incardinato nelle regole comunitarie. Beninteso, il fatto che la critica della moneta unica sia qui accompagnata da una critica del mercato unico europeo costituisce un fatto logico, in sé difficilmente contestabile. Ma per tutto il resto questa ricetta evoca ombre per nulla rassicuranti: essa infatti consiste in una miscela di protezionismo, xenofobia e restringimento delle libertà civili incardinata in una ideologia del ritorno ai cosiddetti valori tradizionali, ben rappresentati dal vecchio trittico “Dio, patria e famiglia”.È innegabile che tale visione stia raccogliendo sempre più consensi tra i lavoratori colpiti dalla crisi e dalla disoccupazione, e sempre più insofferenti verso la concorrenza degli immigrati. Ma soprattutto, questa ipotesi trova la sua base sociale di riferimento nella miriade di piccoli capitalisti afflitti dalla recessione, dal debito e dal rischio crescente di insolvenza. Di fatto, essa incarna la pretesa di elevare un argine contro la centralizzazione: di fronte alla spinta centralizzatrice dei capitali e alla sua tendenza a valicare ogni confine statuale, il dissotterramento di una qualche idea economica di «nazione» costituisce la prevedibile «reazione» strategica dei gruppi capitalistici relativamente più deboli e in difficoltà. Potremmo in definitiva considerarla una ipotesi politica “reazionaria”, di tipo nazionalista, con tratti potenzialmente neofascisti. –

L’articolo di Brancaccio si può leggere nella sua completezza cliccando qui, e fa parte di un dibattito sull’euro pubblicato su Critica Marxista 5/2014, con interventi di Zezza a Patalano.

Il bloqueo e gli innamorati del martirio

Ci sono quelli che sono innamorati del martirio. Quello degli altri, sia chiaro.

Nella storia ci sono molti martiri di cui innamorarsi, parlo di quelli delle lotte per l’emancipazione. Risulta poi normale che sia più facile innamorarsi delle sconfitte onorevoli piuttosto che farsi carico delle vittorie con tutti i problemi che si portano dietro. Per questo è naturale che Fidel Castro sia meno popolare di Che Guevara. Non è più facile fantasticare su quello che avrebbe potuto fare il Che se non fosse stato ucciso piuttosto che ragionare su quello che fatto Castro nel bene e nel male?

Ovviamente non parlo di Cuba a caso. Da quando è stato dato l’annuncio della possibile fine dell’embargo aspettavo pazientemente qualcuno che sbracasse e cominciasse ad accusare Cuba e, possibilmente Raul Castro, di aver ceduto all’imperialismo. Qualcuno che sostanzialmente dicesse che il bloqueo ci doveva piacere perchè era il simbolo tangibile della contrapposizione all’America.

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Vale appena la pena di notare che curiosamente questo atteggiamento finisce con coincidere con quello dei peggiori giornalisti italiani secondo i quali l’embargo era voluto dal governo cubano. Un’atteggiamento talmente falso che anche i giornali americani come il Washington Post sono stati costretti a titolare “Gli Stati Uniti abbandonano il confronto da guerra fredda con Cuba” (vedi immagine sopra).

E infatti chi poteva arrivare a sanzionare i cubani per non aver accontentato il nostro desiderio di avere nuovi martiri? Nientepopodimeno che Diego Fusaro, la nuova stellina pop dell’anticapitalismo con cattedra all’università di Don Verzè.

fusaro

Perchè, sia chiaro, chi combatte nel terzo mondo deve sacrificarsi fino a dare la vita o condannare il proprio popolo alla penuria eterna, altrimenti è un ipocrita e un traditore. Chi filosofeggia nel primo mondo, invece, può tranquillamente sparare stronzate.

Il prossimo passo è la difesa del muro di Israele, non osino i palestinesi toglierci la nostra causa preferita.

ILVA e nazionalizzazione

Chissà cosa ne pensano quelli di Human Factor, sarà compatibile con l’economia sociale di mercato di Vendola? Chissà,proprio, chissà…

ILVA: i costi della chiusura e le ragioni per nazionalizzarla

Roberto Polidori e Nadia Garbellini  – su http://www.economiaepolitica.it

La vicenda di ILVA deve essere l’occasione per discutere le conseguenze economiche e sociali delle politiche Europee. A chi afferma che ILVA non si può nazionalizzare perché i trattati non lo consentono, è possibile opporre numerosi argomenti, tanto politici quanto economici.

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