“In particolare il lavoro di Latouche, che può essere considerato esemplare del progetto decrescista europeo, è pieno di contraddizioni che non vengono tanto dal concetto di decrescita in se, quanto dal tentativo di aggirare la questione del capitalismo.”
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“Latouche mette in chiaro che per lui il progetto decrescista è compatibile con la continua valorizzazione (cioè, dell’aumento delle relazioni valoriali capitaliste) e che qualsiasi tentativo sostanzialmente egualitario è da considerarsi non raggiungibile.
Ciò che Latouche propone nella maniera più esplicita a proposito del problema ambientale sono misure riformiste i cui principi sono stati delineati all’inizio del ventesimo secolo dall’economista liberale Arthur Cecil Pigou e che porterebbero a una rivoluzione internalizzando le esternalità ambientali dell’economia capitalista. Ironicamente, quest’affermazione è identica a quella dell’economia ambientale neoclassica e si differenzia dalle critiche dell’economia ambientale più radicali che attaccano duramente il concetto per cui i costi ambientali potrebbero semplicemente essere internalizzati nell’odierna economia capitalista.”
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“Assumendo come bersaglio il concetto astratto di crescita economica e non la realtà concreta dell’accumulazione capitalista, la teoria della decrescita, nelle forme influenti articolate da Latouche e altri, si trova inevitabilmente in difficoltà nel confrontarsi con la realtà odierna di crisi e stagnazione economica che sta producendo livelli di disoccupazone e devastazione economica con precedenti solo negli anni ’30. Lo stesso Latouche scriveva nel 2003 che non ci sarebbe nulla di peggio di un’economia basata sulla crescita senza crescita. Di fronte a un’economia capitalista intrappolata in una profonda crisi strutturale, i decrescisti europei si ritrovano però con molto poco da dire. La Dichiarazione di Barcellona sulla Decrescita dice semplicmente:Le cosiddette misure anticristi che tentano di incentiva re la crescita peggioreranno le disuguaglianze e la situazione ambientale sul lungo periodo. I principi teorici delle decrescita non vogliono sostenere la crescita economica ne rompere con le istituzione del capitale (ne, di fatto, allinearsi coi lavoratori, il cui bisogno principale in questo momento è l’occupazione). Rimangono così stranamente silenti di fronte alla più grande crisi economica dai tempi della Grande Depressione.”
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“Ancora più problematico è l’atteggiamento di buona parte dei teorici della decrescita nei confronti del Sud del mondo. Latouce scrive: la decrescita deve essere applicata tanto nel Sud quanto nel Nord se si vuole avere una qualsiasi possibilità di non far imboccare alle società del Sud il vicolo cieco della crescita economica. Dove ancora si è in tempo, non si dovrebbe puntare allo sviluppo ma allo sbrogliamento, alla rimozione degli ostacoli che impediscono di prendere una strada diversa… I paesi del Sud devono rifuggire dalle dipendenze economiche e culturali dal Nord e riscoprire le loro storie interrotte dal colonialismo, fondare culture locali indigene… Insistere sulla crescita nel Sud, come se fosse l’unica maniera di uscire dalla miseria creata dalla crescita, può solo portare ad una ulteriore occidentalizzazione.
In assenza di un’adeguata teoria dell’imperialismo e non riuscendo a colmare l’abisso che separa le nazioni più ricche da quelle più povere, Latouche finisce per ridurre l’intero problema del sottosviluppo a una questione di autonomia culturale e soggezzione al feticismo occidentale della crescita.”
Da Capitalism and Degrowth: An Impossibility Theorem di John Bellamy Foster.