Latouche

“In particolare il lavoro di Latouche, che può essere considerato esemplare del progetto decrescista europeo, è pieno di contraddizioni che non vengono tanto dal concetto di decrescita in se, quanto dal tentativo di aggirare la questione del capitalismo.”

[…]

“Latouche mette in chiaro che per lui il progetto decrescista è compatibile con la continua valorizzazione (cioè, dell’aumento delle relazioni valoriali capitaliste) e che qualsiasi tentativo sostanzialmente egualitario è da considerarsi non raggiungibile.
Ciò che Latouche propone nella maniera più esplicita a proposito del problema ambientale sono misure riformiste i cui principi sono stati delineati all’inizio del ventesimo secolo dall’economista liberale Arthur Cecil Pigou e che porterebbero a una rivoluzione internalizzando le esternalità ambientali dell’economia capitalista. Ironicamente, quest’affermazione è identica a quella dell’economia ambientale neoclassica e si differenzia dalle critiche dell’economia ambientale più radicali che attaccano duramente il concetto per cui i costi ambientali potrebbero semplicemente essere internalizzati nell’odierna economia capitalista.”
[…]

“Assumendo come bersaglio il concetto astratto di crescita economica e non la realtà concreta dell’accumulazione capitalista, la teoria della decrescita, nelle forme influenti articolate da Latouche e altri, si trova inevitabilmente in difficoltà nel confrontarsi con la realtà odierna di crisi e stagnazione economica che sta producendo livelli di disoccupazone e devastazione economica con precedenti solo negli anni ’30. Lo stesso Latouche scriveva nel 2003 che non ci sarebbe nulla di peggio di un’economia basata sulla crescita senza crescita. Di fronte a un’economia capitalista intrappolata in una profonda crisi strutturale, i decrescisti europei si ritrovano però con molto poco da dire. La Dichiarazione di Barcellona sulla Decrescita dice semplicmente:Le cosiddette misure anticristi che tentano di incentiva re la crescita peggioreranno le disuguaglianze e la situazione ambientale sul lungo periodo. I principi teorici delle decrescita non vogliono sostenere la crescita economica ne rompere con le istituzione del capitale (ne, di fatto, allinearsi coi lavoratori, il cui bisogno principale in questo momento è l’occupazione). Rimangono così stranamente silenti di fronte alla più grande crisi economica dai tempi della Grande Depressione.”

Decrescita reale in Grecia. Via Vice.com

Decrescita reale in Grecia. Via Vice.com

[…]

“Ancora più problematico è l’atteggiamento di buona parte dei teorici della decrescita nei confronti del Sud del mondo. Latouce scrive: la decrescita deve essere applicata tanto nel Sud quanto nel Nord se si vuole avere una qualsiasi possibilità di non far imboccare alle società del Sud il vicolo cieco della crescita economica. Dove ancora si è in tempo, non si dovrebbe puntare allo sviluppo ma allo sbrogliamento, alla rimozione degli ostacoli che impediscono di prendere una strada diversa… I paesi del Sud devono rifuggire dalle dipendenze economiche e culturali dal Nord e riscoprire le loro storie interrotte dal colonialismo, fondare culture locali indigene… Insistere sulla crescita nel Sud, come se fosse l’unica maniera di uscire dalla miseria creata dalla crescita, può solo portare ad  una ulteriore occidentalizzazione.
In assenza di un’adeguata teoria dell’imperialismo e non riuscendo a colmare l’abisso che separa le nazioni più ricche da quelle più povere, Latouche finisce per ridurre l’intero problema del sottosviluppo a una questione di autonomia culturale e soggezzione al feticismo occidentale della crescita.”

Da Capitalism and Degrowth: An Impossibility Theorem di John Bellamy Foster.

Definizione di “una fase difficile”

Barontini sorride e mi abbraccia. Rimarrà da te alcuni giorni,” esclama Conti prima di andarsene. Ba­rontini mi martella di domande: da quanti mesi sono a Torino, come mi sono organizzato, qual è il mio piano dazione, come l’ho coordinato con la lotta generale delle masse popolari, se ho messo in piedi un minimo di apparato tecnico. Barontini mette a nudo le mie ap­prensioni, le mie insufficienze, i miei dubbi, le mie incertezze. Per due giorni sono rimasto ad ascoltarlo. Alla fine lo sgomento per la povertà dei mezzi, degli uo­mini, dell’organizzazione, la sorpresa, l’ira prendono il sopravvento e urlo che non ce la farò mai a svolgere tutto il lavoro da solo, senza uomini, senza neppure sapere confezionare una bomba. Barontini sorride.

“Se le bombe,” dice, sono il tuo problema, è presto risolto.” Ma non si tratta soltanto di bombe.

“Parliamone adesso,” insisto.

E la miccia? Barontini prosegue: “ora t’insegnerò qualche cosa di più. Prendi appunti, anche se è contro le regole della clandestinità. Per costruire una miccia a combustione lentissima, che non faccia fiamma e che bruci silenziosamente: questa miccia (stoppino) non si trova in commercio.”

Barontini continua: “Prendi un filo comune da calza, preferibilmente bianco e di lino, perché inodore e meno fumogeno. Stempera 8 grammi di bicromato di potassa in cento grammi di acqua; lascia bollire dieci minuti il cotone, dopo di che lo lasci asciugare al buio. Poi prendi, ben asciutti, 40 fili di detto cotone, lunghi secondo la necessità e con un filo del medesimo cotone avvolgi i 40 fili facendo così un cordoncino che brucerà per mezzo centimetro al minuto.”

“Certo,” commento, “sembra veramente facile.”

“È facile,” prosegue Barontini, “se hai un amico fabbro.” Lo interrompo impaziente. Barontini prende un foglio di carta e una matita e mentre parla disegna sul foglio.

“Prendi un tubo qualsiasi, piccolo o grande, di fer­ro, di ghisa, di bronzo, perfino di alluminio, lo tagli a dieci, venti, quaranta centimetri; saldi ad una estremità un coperchio dello stesso materiale del tubo e al cen­tro del coperchio pratichi un foro di un diametro di sei o sette centimetri.”

Mentre Barontini parla, continua a tracciare segni sulla carta e la bomba nasce sotto i miei occhi.

“La parte del tubo senza coperchio,” prosegue Ba­rontini, “viene filettata per permettere di avvitarvi un altro coperchio, pure filettato per un paio di centime­tri. Si ripone l’esplosivo nel tubo, si fa passare la mic­cia con il detonatore nel foro del primo coperchio fa­cendo in modo che il detonatore vada ad innescarsi nell’esplosivo. Alla fine si avvita il secondo coperchio e la bomba è pronta.”

“Sarà potente?” chiedo. “Quanto vuoi che sia, a seconda del diametro, della lunghezza del tubo e la qualità di esplosivo disponibile. Puoi preparare anche una bomba di dieci chili, venti chili, capace di distruggere una caserma.

“Non hai che da provare. Vai dal tuo amico fab­bro. Costruisci la bomba e poi la esperimenti su uno degli obiettivi che vuoi buttare all’aria.”

“Certo che lo faccio,” rispondo. “…Se ne accorgeranno! Però non riuscirò a far tutto da solo, non ci sono uomini che mi aiutino, l’organizzazione non mi dà una mano, i collegamenti non funzionano, non ci sono tecnici, non ci sono armi.”

Barontini mi lascia sfogare, sorride e tace. Poi mi aggredisce: “Le armi, le armi! E le tue bombe? Non sono forse armi potentissime per una guerra che si combatte nelle strade, fra le case, in mezzo alla gente? Non hai tecnici? E perché non lo diventi tu? Impara a con­fezionare bombe esplosive, poi imparerai a fabbricarti quelle incendiarie!

“Non ti bastano le bombe? Scendi in strada, di sera, con un martello, un bastone, un coltello, con qualcosa che serva ad uccidere. Togli le armi ad un repub­blichino, ad un tedesco, ad un altro tedesco, ad un altro repubblichino: avrai armi per te e per i compagni che in questi giorni affluiranno ai GAP!”

Sono come sommerso, stordito dalla sicurezza tran­quilla di questo uomo intelligente e buono. Mi incute rispetto, un grande rispetto, ma non voglio darlo a vedere.

Il partito, tento, il partito non mi aiuta?…

“Sbagli,” esclama Barontini, “sbagli veramente di grosso. Sei tu il partito, siamo noi il partito e stiamo appunto aiutandoci l’un l’altro per combattere la lotta in cui sono impegnati tutti gli altri partiti dello schie­ramento antifascista, in cui è impegnato tutto il popolo italiano. È una battaglia che ha bisogno di tutti, le frazioni isolate non solo sono inutili ma spesso dan­nose. Devi tenerlo presente, ben presente.”

Sono interdetto: Barontini mi ha dato ragioni che sono certo di aver sempre saputo, senza essere mai riuscito ad esprimerle a me stesso.

Anche queste mi sembrano cose semplici. Dunque è vero: il partito non mi ha mai lasciato solo.

(Giovanni Pesce – Senza Tregua)

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Momenti di formazione in fasi, veramente, difficili

Chi vota alle primarie danneggia anche te: digli di smettere.

L’8 Dicembre ci sono le primarie. Qualche mese fa ho scritto un pezzo per spiegare perché non avrei partecipato in nessuna maniera alle primarie del centrosinistra. Questa volta si tratta di primarie tutte interne al Partito Democratico, non ho quindi nessun motivo per partecipare al “congresso” di un Partito di cui non faccio parte.

È più interessante provare a trarre delle conclusioni “storiche” da quello che è successo nell’ultimo anno sul tema “primarie”.

Un anno fa scrivevo che le primarie sono un ottimo mezzo per dare una verniciata di partecipazione popolare a delle decisioni politiche che di democratico non hanno nulla. Di fatto, le primarie che hanno incoronato nell’ordine Prodi, Veltroni e Bersani sono state delle ratifiche di scelte già prese dai gruppi dirigenti del centrosinistra o del PD. Una ratifica popolare immediatamente buttata nel cestino quando i gruppi dirigenti hanno deciso di licenziare Prodi, Veltroni e Bersani. La vittoria annunciata di Renzi s’inserisce in questo schema: Cuperlo e Civati a questo punto possono contendersi qualche voto sui gradini più bassi del podio.

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L’unica consolazione è che probabilmente Renzi durerà poco tanto quanto i predecessori.

La seconda considerazione è che con le primarie il PD ha trovato un mezzo straordinario per sterilizzare ogni dissenso contro la deriva centrista. Bertinotti e Vendola, una volta ratificato il loro ruolo di minoranza pittoresca, non hanno potuto fare altro che accettare le decisioni di Prodi e Bersani. Addirittura Vendola riuscendo nel capolavoro di non andare al governo e rimanere nell’angolo durante la costruzione della Grande Coalizione. Mentre in tutta Europa accade il processo inverso, con pezzi di socialdemocrazia che vanno a costruire alternative di sistema insieme ai comunisti, in Italia le primarie assicurano che a ogni appuntamento importante ci sia un capo bandiera che illuda di poter cambiare il PD. Oggi, si tratta di Pippo Civati. 

In terzis, le primarie prolungano il mito della frammentazione del PD e nascondo la reale compattezza. Il luogo comune vuole che i Democratici siano incapaci di trovare l’unità su qualsiasi questione e che i feroci scontri verbali in occasione delle primarie rischino di far saltare l’intero partito. In realtà, aldilà della retorica, Renzi, Cuperlo e Civati sono compattamente a favore delle politiche di austerità e pur promettendo che non ci saranno più grandi alleanze nel futuro, nessuno mette in discussione il governo Letta.

Quarto punto: le parlamentarie. Parlando con alcuni membri del PD nell’estate 2012 mi veniva detto che all’epoca, regnante Monti, era vero che il PD faceva schifo ma a causa dei gruppi parlamentari scelti da Veltroni. Tralasciando che lo stesso Veltroni era stato eletto a furor di primarie, i gruppi parlamentari scelti attraverso le primarie hanno dato il peggio di sé appena insediati con il balletto sull’elezione del Presidente della Repubblica. Dopo mesi è ancora un mistero (di Pulcinella) chi siano i 101 “traditori” ad aver impallinato Prodi. Ma è bene ricordare che la buffonata partì fin dal momento in cui i gruppi parlamentari decisero di sostenere insieme al PdL Franco Marini, salvo poi mangiarselo nello scrutinio segreto.

Infine, quella che nella liturgia comunista si chiama “doverosa autocritica”, o più comunemente “ho fatto una stronzata”. Un anno fa scrivevo che l’istituto delle primarie poteva comunque avere senso nel caso si trattasse di scegliere il candidato per una carica monocratica. Non posso negarlo: una giustificazione per la partecipazione di Rifondazione alle primarie del centrosinistra lombardo. In quell’occasione sostenemmo il professor Di Stefano, un ottimo candidato, competente e capace di parlare anche ai cattolici. E che è stato schiacciato in maniera inesorabile dai meccanismi delle primarie.
Ambrosoli si è confermato come un candidato deciso dai dirigenti del centrosinistra che non riuscivano a trovare una quadra su altri papabili, un candidato profondamente elitario legittimato solo da una consultazione primaria in cui il grado di consapevolezza degli elettori era pari a zero. Nonostante il 30% raggiunto da Di Stefano, appena finite le primarie Ambrosoli ha occupato tutti gli spazi possibili, ha personalizzato la competizione e ha fatto carta straccia dei programmi comuni. L’attività odierna della Lista Ambrosoli e della cosiddetta opposizione di centrosinistra in Lombardia risulta non pervenuta.

Il risultato finale della lista Etico Con Di Stefano, in maniera imbarazzante sotto l’1%, dimostra che la scorciatoia delle primarie la possono percorrere i democristiani come Ambrosoli e Renzi. Chi invece punta ad altro, ha tutto da perdere dalla partecipazione a questo carrozzone. Prima lo capiamo meglio è.

Terzo Plenum: adelante, con juicio.

Il Segretario del Partito Xi Jinping e il Premier Li Keqiang hanno assunto il potere in Cina da ormai un anno. Un anno in cui gli osservatori hanno provato a indovinare la direzione della nuova leadership dai segnali, spesso contraddittori, lanciati attraverso dichiarazioni e atti di governo. La riunione del Terzo Plenum del Comitato Centrale del Partito svolta dal 9 al 12 novembre ha licenziato un documento programmatico che per la prima volta contiene le linee guida per le riforme tanto annunciate.

Il mio articolo completo lo trovate su Youtrend.

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Dal South China Morning Posto: lo State esclude i privati dai monopoli pubblici.

Aggiungo un paio di precisazioni.

Nel documento originale si parla del ruolo del mercato come 决定性 , io ho usato la traduzione “funzione decisiva”. Come fanno giustamente notare sul Business Insider si potrebbe tradurre anche con “fondamentale” oppure “essenziale” o “determinante”.

Da come ho scritto nell’articolo, sembra che entrambi gli attentati recenti siano a sfondo “etnico”. In realtà, per quello compiuto nello Shanxi è stato trovato un colpevole che pare provenire dalla criminalità comune.

EDIT: in giornata Xinhua ha diffuso più dettagli.

1) Allentamento della legge sul figlio unico, i figli unici saranno autorizzati ad avere due figli. Era un cambiamento nell’aria da anni, già le province attuavano la legge secondo i criteri più larghi possibili.

2) Mi coglie onestamente di sorpresa l’abolizione dei lavori forzati, un po’ meno la riduzione dei reati punibili con l’esecuzione. In entrambi i casi una notizia che non può che essere accolta con soddisfazione.

3) Si apre a banche di piccola-media dimensione di capitale privato, ma sotto “stretta regolamentazione”. Staremo a vedere cosa significherà nel pratico. Un’apertura nel settore finanziario era tra le misure più pronosticate,

4) Entro il 2020 le imprese pubbliche dovranno arrivare a dare un terzo dei guadagni direttamente allo stato. Era uno dei mezzi “rossi e populisti” con cui si finanziava il Modello Chongqing. Con qualche probabilità, vuol dire anche che lo stato non sarà particolarmente incoraggiato a privatizzare proprio quelle imprese che grazie al ruolo monopolistico fanno grandi guadagni.

Il Terzo Plenum secondo Repubblica.it

S’è svolto in Cina il Terzo Plenum dell’Undicesimo Comitato Centrale del Partito Comunista.

Ma questa non è la sede per un’analisi assennata del documento licenziato dal Plenum (arriverà), è la sede per prendere un po’ per i fondelli La Repubblica che ha riferito della riunione con il titolo Cina, il PC promette:”Più mercato, meno stato e si abolirà legge sul figlio unico”.

Breve riassunto per chi ha poco tempo

Breve riassunto per chi ha poco tempo

In realtà, della legge sul figlio unico, nel lungo comunicato pubblicato da Xinhua, non c’è traccia. Se ne parla invece in un’indiscrezione pubblicata da Caixin e ripreso da altri giornali che hanno però avuto la decenza di citare la fonte. Peraltro se ne parla come di una riforma che verrà dopo la riunione del Plenum e che non abolirà del tutto la norma, ma permetterà ai figli unici di fare più di un figlio. E non è una semplificazione del titolista, nel corpo dell’articolo si legge che “il Comitato ha poi prospettato un’altra apertura storica che potrebbe portare in futuro all’abolizione della legge sul figlio unico”.

EDIT: alla fine la fonte di Caixin aveva ragione, è stata annunciato l’allentamento della legge sul figlio unico proprio nella direzione predetta.

Tornando a procedere con ordine, nel primo paragrafo l’articolo attribuisce ai due attentati dei giorni scorsi una “matrice islamica”. Ora, per quanto riguarda l’attentato a Taiyuan è stato arrestato un criminale comune di cui non è noto nessun legame con l’islamismo. L’attacco a Piazza Tiananmen è stato commesso invece da tre uiguri, minoranza etnica che si caratterizza anche per la religione islamica, ma non c’è nessuna prova che l’atto sia connesso a questioni religiose.

Nel terzo paragrafo si fa riferimento al nuovo Partito della Costituzione fondato, secondo Repubblica, dai sostenitori di Bo Xilai “per rompere il monopolio comunista”. Le informazioni sul nuovo partito sono finora frammentarie, ma
1) che il Plenum del PCC debba essere particolarmente preoccupato da un partito che per ora esiste solo nelle dichiarazioni di un professore universitario è un’assunzione dell’anonimo articolista.
2) la fondazione di un partito che si richiama alla Costituzione cinese difficilmente rappresenta una sfida al PCC, dato che nella Costituzione è fissato il ruolo guida del PCC. Che poi questo “partito” venga tollerato, è un’altra questione.

Un gif che non centra un cazzo ma che piace ai giovani

Nel quarto paragrafo si raggiunge il surreale. Si da per rinviata la nuova legge sul fisco mentre è uno dei punti su cui il documento è abbastanza preciso. Oltretutto, il compito del Plenum non era promulgare leggi ma dare le indicazioni politiche affinchè vengano promulgate leggi. Ma l’assurdo totale si raggiunge nel momento in cui si legge: Ci potranno essere novità sul piano dell’amministrazione e della proprietà (oggi interamente pubblica e gestita di fatto dagli organi dirigenti del Partito, a tutti i livelli della società)”. Dato il passaggio successivo sul superamento delle divisioni città/campagne, forse Repubblica si riferisce alla proprietà della terra nelle aree rurali. Ma scritta così, sembra che in Cina ci sia stato un surreale ritorno al collettivismo maoista.

L’ultimo paragrafo regala una perla: “Quello che si è concluso oggi è stato il terzo incontro del Comitato eletto dal 18esimo congresso del Partito. Un incontro definito “terzo plenum” da quando, nel 1978, l’allora numero uno cinese Deng Xiaoping lanciò la politica di “apertura e riforma” che è alla base del boom cinese. E fu nel “terzo plenum” del 1993 che il suo successore Jiang Zemin confermò che il paese sarebbe andato avanti su quella strada.”
Purtroppo per l’autore, l’incontro si chiama “Terzo Plenum” semplicemente perchè è il Terzo Plenum, non perchè si chiama Terzo Plenum qualunque incontro che annunci riforme.

Questo, è il livello con cui giornale più influente rispetto alla visione della Cina in Italia, tratta la riunione politica più importante dell’anno…

Communiqué of the 3rd Plenum of the 18th Party Congress

Il comunicato del Terzo Plenum di Xi Jinping

Se vogliamo giocare ai piccoli analisti (si, lo vogliamo fare), Xi continua con linea di “un colpo a destra e uno a sinistra”.

Chiaramente infondate le voci di chi voleva la rottura dei monopoli di stato e la privatizzazione delle terre rurali. Altrettanto chiaramente, più spazio per il mercato.
C’è il piccolo giallo se il ruolo del mercato venga definito “basilare”, “fondamentale” o “decisivo”. Bisognerà attendere una settimana per la traduzione ufficiale. E qualche anno per capire cosa significherà nei fatti.

Non viene nominato esplicitamente, ma sulla questione rurale sembra essere nel mirino una profonda riforma dell’hukou. Questo ovviamente causerà problemi, ma in senso generale non può che essere positivo.

China Copyright and Media

(Passed at the 3rd Plenum of the 18th Congress of the Chinese Communist Party on 12 November 2013)

The 3rd Plenary Meeting of the 18th Congress of the Chinese Communist Party was held in Beijing from 9 to 12 November.

This Plenary Meeting was attended by 204 Central Committee members and 169 alternate Central Committee members. The Central Discipline Inspection Committee Standing Committee members and responsible comrades from relevant sides attended the meeting as non-voting delegates. A number of grass-roots comrades and expert scholars from among the representatives at the 18th Party Congress also attended as non-voting delegates.

The Plenum was organized by the Politburo. Central Committee General Secretary Xi Jinping made an important speech.

The Plenum listened to and discussed the work report that the Politburo entrusted Xi Jinping with, and deliberated and passed the “CCP Central Committee Decision concerning Some Major Issues in Comprehensively Deepening Reform”. Xi Jinping…

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La Germania e la sindrome della “piccola economia aperta”

Keynes blog

di Francesco Saraceno da Il Sole 24 Ore

Nel suo ultimo rapporto semestrale sulle politiche valutarie, il Tesoro americano ha per la prima volta esplicitamente criticato i surplus commerciali tedeschi, mettendoli sullo stesso piano di quelli cinesi come fattori di destabilizzazione dell’economia mondiale. Nell’ultimo decennio la crescita di Cina e Germania, i due maggiori esportatori del mondo, è stata trainata dalla domanda estera.

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V per Vendetta è bello e tutto quanto, ma alla lunga rompe i coglioni.

C’era una volta un signore di nome Guy Fawkes, il 5 novembre del 1605 provò a far saltare in aria il Parlamento Inglese insieme al Re d’Inghilterra perché gli stava sulle balle che il Re non fosse cattolico e che dividesse il potere con della marmaglia che non aveva ricevuto nessuna investitura da Iddio Onnipotente o quantomeno dal Papa.

In pratica, il peggiore reazionario che fosse possibile trovare in giro nel 1600. Poi la sua figura è passata attraverso la penna di vari scrittori di romanzi popolari che ne hanno fatta una specie di Robin Hood che invece di rubare ai ricchi li faceva saltare in aria.

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Da questa tradizione di Fawkes in veste rivoluzionaria, Alan Moore ha tratto V per Vendetta. Nel fumetto V è un anarchico che indossa la maschera di Fawkes ed esegue una serie di attacchi per destabilizzare il governo fascista che guida la Gran Bretagna.

Ma il graphic novel (che fa molto più figo di “romanzo a fumetti”) di Moore è uscito tra l’82 e l’85, per far diventare la maschera di Guy Fawkes un simbolo globale di protesta e ribellione s’è dovuto attendere l’adattamento cinematografico dei fratelli Wachowsky, anno 2005.

La maschera oggi è un simbolo per ogni occasione, è sfoggiata alle manifestazioni degli operai, a quelle degli studenti e a quelle degli ambientalisti. Ce la si ritrova sia nelle placide manifestazioni indette dai costituzionalisti che in quelle che animosamente si propongono di infrangere zone rosse fino agli assalti diretti alle forze di polizie in assetti antisommossa. È usata sia dagli ambienti di sinistra sia dal qualunquismo grillino.

La domanda è: come fa questa maschera a essere così trasversale?

La risposta ottimista dice che nell’epoca in cui cadono le vecchie identità novecentesche, la moltitudine in rivolta confluisce tutta sotto la maschera in un’unica richiesta globale.

e il resiste nomade si identifica di volta in volta in una figura sociale diversa che si riassume nella moltitudine che poi va a comprare la cioccolata confezionata dall'ormai proverbiale marmotta.

e il resistente nomade si identifica di volta in volta in una figura sociale diversa che si  fa moltitudine…

 

Una risposta più realista è che il film, a differenza del fumetto, offre un simbolo a buon mercato e sparge una notevole dose d’illusioni su come far trionfare la protesta sociale.

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Da qui in avanti si discute nel dettaglio delle trame di fumetto e film. 

La maschera del film è un simbolo indossabile da chiunque, non serve farsi carico di una tradizione ideologica per usarla, non bisogna fare i conti con i gulag o con le bombe piazzate per l’ideale, non ci sono noiosi volumoni da studiare, non ci sono grandi dilemmi morali da risolvere. Nel fumetto, invece, V non è un anarchico all’acqua di rose, è perfettamente disposto a usare la violenza terroristica come insegnato da Bakunin. Il grande conflitto tra V ed Evey nel fumetto è proprio sull’accettazione che non basta volere ribellarsi, ma bisogna anche essere disposti a usare la violenza. Nel film invece gli attacchi di V sembrano essere senza vittime e anche quando ci sono, la violenza è mostrata in maniera anestetizzata. Inoltre, nel fumetto l’azione di V è contro un governo esplicitamente fascista (neanche troppo velatamente metafora del governo Thatcher) in nome della libertà anarchica, mentre nel film agisce contro un generico “potere totalitario” (che assume sia caratteristiche fasciste sia socialiste) in nome di una generica “libertà”.

La varie interpretazioni della parola "libertà"...

La varie interpretazioni della parola “libertà”…

L’altra grande differenza tra il film e il fumetto è il risultato della rivolta. Nell’opera originale di Moore l’insurrezione è un salto nel vuoto, dalle macerie potrà sorgere tanto l’anarchia consapevole sognata da V quanto il caos dove chi vince schiaccia i più deboli. Un salto nel vuoto che per Moore vale la pena di provare, ma solo essendo pienamente consapevoli del prezzo da pagare.

Il finale del film non potrebbe essere più diverso. Quando Evey completa il piano di V per far saltare in aria Downing Street, tutta Londra insorge pacificamente indossando la maschera di Guy Fawkes. Di fronte alle masse pacificamente determinate l’esercito non spara un colpo e si unisce alla protesta. L’obiettivo è raggiunto senza dover fare praticamente nulla se non un paio di atti dimostrativi, senza dover mettere in conto l’uso della violenza, senza dover affrontare la repressione.

e poi l’esercito non sparerà sulla folla, basta essere in tanti…

A questo punto non è difficile capire la popolarità di cui gode oggi la maschera di Guy Fawkes, sono gli stessi motivi per cui oggi si scende in piazza illudendosi di poter ignorare qualsiasi questione storica e teorica, di poter creare proteste in cui tutti agiscono insieme contro un potere talmente distante da avere solo simboli e non rapporti materiali con la realtà. E, soprattutto, l’illusione di poter ignorare qualsiasi questione organizzativa, di poter risolvere tutto quanto attraverso azioni dimostrative che, quando risveglieranno abbastanza persone, porteranno la gente a vincere automaticamente la rivoluzione.

Certo, meglio scendere in piazza così che non farlo per niente, ma, alla lunga, rompe i coglioni.

Pyongyang, l’altra Corea.

Davide Rossi – Pyongyang, l’altra Corea – 134 pagine, 14 euro – Mimesis Editore.

Diario di un viaggio ufficiale nella Repubblica Democratica Popolare di Corea.

Utile giusto per smentire le balle di propaganda più becere come la gente costretta a mangiare radici disotterate sul momento o a vestire tutta uguale.

D’altra parte, giustificazionista oltre ogni limite della dinastia rossa dei Kim. C’è un limite oltre il quale le vie nazionali al socialismo diventano deviazionismo. La Juché è oltre.

Belle foto.