L’austerità e la cultura ddesinistra

“Ma allora, se questi sono i reali effetti dell’austerity, quali possono essere le cause del fascino discreto che tuttora esercita tra le masse popolari, e soprattutto tra gli eredi del movimento operaio? Una parziale risposta risiede forse in alcuni tipici luoghi comuni diffusi tra le macerie di quella che un tempo veniva orgogliosamente definita la cultura di sinistra, e che oggi pare essersi ridotta a una zavorra ideologica, un intralcio alla comprensione della realtà. Tra di essi vi è ad esempio l’illusione che una politica di redistribuzione fiscale possa indurre i cambiamenti strutturali indispensabili per rendere collettivamente fruibili i benefici del progresso tecnico, e possa addirittura contribuire al trapasso verso una società più rispettosa dell’ambiente, magari persino fondata sulla “decrescita”. E vi è pure l’idea naive secondo cui l’arma dell’austerità potrebbe essere finalmente rivolta non verso i lavoratori ma contro i dissipatori, i corrotti, i membri della “casta”. La realtà, tuttavia, è un’altra. I dati evidenziano che proprio nelle fasi in cui si impone la logica dei tagli emergono pure nuove tipologie di dualismo tecnologico, di aggressione all’ambiente e al territorio, di dilapidazione di risorse pubbliche, di privilegi e di malversazioni, che in proporzione risultano ancora più pervasive e letali di quelle che si verificavano in epoche di minore restrizione dei bilanci pubblici. Un esempio emblematico su tutti: i costi della famigerata “casta”, guarda caso, sono aumentati proprio nella lunga epoca dei sistematici avanzi primari (cioè il surplus di entrate fiscali sulla spesa pubblica calcolata al netto dei pagamenti degli interessi sul debito). Contro il senso comune, ancora una volta, l’austerity è correlata allo spreco e al privilegio di pochi.

Se dunque così stanno le cose, come si poteva mai [Berlinguer] intendere l’austerità nei termini di una via per il superamento del capitalismo? E, a maggior ragione, come si può concepire oggi un’austerità di sinistra? In effetti non si può. Del tutto indipendentemente dalla buona fede e dal grado di consapevolezza di chi l’ha evocato, si tratta di un equivoco,di un puro controsenso. Piuttosto, è vero il contrario: nel modo di produzione sociale vigente, esortare le masse all’austerità significa di fatto assuefarle a una crisi che, proprio per le stesse restrizioni che impone, è destinata ad autoalimentarsi e a durare nel tempo. Per questo l’austerità è un’ideologia reazionaria, è restauratrice, è di destra in senso non banalmente parlamentare, ma antropologico.”

Emiliano Brancaccio e Marco Passarella, L’Austerità è di Destra, pagine 29-30

Civati:”Dobbiamo reintrodurre il concetto di austerità e decrescita. Austerità non significa far pagare la crisi ai poveri ma cambiare modello di sviluppo anche attraverso una moralizzazione del sistema economico.”

è arrivato il momento di rottamare Puglisi (e i liberisti)

Fa abbastanza specie che nel piccolo mondo dei social network frequentato da quelli ddesinistra abbia avuto un discreto successo questo articolaccio di Puglisi.

Per chi avesse la fortuna di non conoscerlo, Puglisi, a parti i rari momenti che usa per esercitare la sua professione di ricercatore presso l’Università di Pavia, è una twistar (cioè, ha un sacco di follower su Twitter) che passa la maggior parte del suo tempo a castigare la presenza al mondo di persone che ancora non seguone il verbo dell’economia liberista.

Quando condividete un articolo di Puglisi, condividete il thatcherismo.

L’articolo vorrebbe partire da un dato inoppugnabile: la generazione del ’68 detiene una fetta maggiore del reddito rispetto alle altre generazioni. La forza bruta dei numeri sembrebbe dare ragione a Puglisi ma, come mi ha insegnato un altro professore dell’Università di Pavia che non ringrazierò mai abbastanza, senza una teoria interpretativa un dato non significa nulla.

La teoria di Puglisi è implicita (daltronde, da neoliberista qual è, non prende in considerazione l’idea che possano essercene altre) è che la generazione del ’68 con il suo protagonismo abbia distorto il meccanismo tecnico della distribuzione intergenerazionale accaparrandosi troppo reddito lasciando così le generazione successive con troppo poco. La prova di questo potere distorsivo dei sessantottini rispetto alla natura evoluzione del mercato sarebbe la presenza dei leader e leaderini dell’epoca un po’ ovunque ci sia potere.

Ora, l’onnipresenza dei capi e capetti di quella stagione è innegabile, Puglisi però sorvola allegramente sul fatto che la maggior parte dei personaggi che cita hanno aderito al suo campo e sono fautori anch’essi dei meccanismi di mercato. Basta pensare a quanto all’epoca furono contigui alla lotta armata e oggi rievocano il pericolo di nuovi anni di piombo non appena si sviluppa un minimo di conflitto sindacale.

Il fatto, ovviamente, è che ci sono ben altre e più convincenti spiegazioni.

La generazione del ’68 è stata, all’incirca, l’unica generazione a godere appieno dell’agibilità sindacale (lo Statuto dei Lavoratori venne approvato nel ’70), dei risultati delle lotte sul salario indiretto (leggasi, i servizi pubblici) e del salario differito (leggasi, sono riusciti, i più stagionati, ad andare in pensione prima delle controriforme di centrodestra e centrosinistra). Le generazioni successive invece queste cose le hanno godute per meno tempo o addirittura per nulla. Questo sicuramente spiega perchè i padri hanno più dei figli, dato che i figli non hanno avuto la possibilità di guadagnare così tanto. Certo, rimane un’obiezione sensata: tutte le generazioni sono divise in classi, com’è che comunque i padroni di quella generazione guadagnano (si presume che guadagnino, i dati di Puglisi non sono disaggregatri) più dei padroni odierni. Forse la risposta sta nella gerontocrazia delle classi dominanti italiane, basta pensare all’età media del salotto buono della finanza o all’età dei governanti e degli intellettuali organici alla borghesia.
Insomma, se Puglisi è veramente interessato a una distribuzione intergenrazionale più equa sia del salario dei lavoratori che dei profitti dei capitalisti, farebbe comunque meglio a rivolgersi al suo campo, non a quello di una presunta sinistra sessantottina (quantomeno, non a quella che è rimasta a sinistra…)

Ma soprattutto, se si è ddesinistra, quindi presumibilmente interessati a spezzare i meccanismi che da 30 anni danno sempre più reddito ai padroni e sempre meno ai lavoratori, e se si è ggiovaniddesinistra, quindi particolarmente interessati sulla propria pelle al reddito dei giovani lavoratori, sarebbe veramente ora di rottamare gli articoli come quelli di Puglisi e tutto il discorso liberista che ancora trova sponde involontarie anche nel nostro campo.

Il ritorno del Re

Una breve traduzione del discorso di Sua Maestà Giorgio, primo nel suo nome e secondo nel suo mandato, alle forze politiche e ai sudditi.

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La preoccupazione fondamentale della stragrande maggioranza degli italiani è che hanno capito che tutte le promesse di ripresa nell’anno prossimo, che gli propiniamo da quattro o cinque anni, sono baggianate. Hanno capito che la luce in fondo al tunnel è il proverbiale treno che ci viene addosso e ormai della riforma della legge elettorale glie ne frega qualcosa solo a quelli di #occupyPD.

La preoccupazione mia fondamentale è, invece, che ho passato gli ultimi mesi a garantire in giro per l’Europa che l’Italia avrebbe avuto per i prossimi anni un governo stabile e impegnato a eseguire gli ordini della troika europea e della NATO.

Ho perciò apprezzato vivamente la riaffermazione – da parte di tutte le forze di maggioranza – del sostegno al governo Letta e al suo programma, di là dalle baggianate di personaggi pittoreschi come la Santanchè o Civati o altri estemporanei fessi che vorrebbero tornare a votare.

Non mi nascondo certo le difficoltà derivanti dal fatto che il capo del secondo partito di governo sia appena stato riconosciuto dalla magistratura come un ladro conclamato. Quindi, tanto per cominciare a togliere un po’ di problemi, comincio a dire al PdL che è comprensibile che si lamentino perché gli hanno condannato il Ladro In Capo. E voi del PD smettetela con questa storia che le sentenze non si commentano, non si commentano se sono sentenze per manifestanti No Tav.

Intervengo oggi perché come al solito voi non riuscite a sbrogliarvela da soli.

Innanzitutto, consiglio a Silvio di smettere di fare la madonnina trafitta dalle spine e di mettersi di buzzo buono a chiedere le pene alternative, che se fai due pomeriggi a raccogliere le carte al Parco Sempione fai anche bella figura. In secundis, non fate cazzate, non fate cadere il governo e inviate quella richiesta di grazia. Così, nel frattempo che tu fai le pene alternative, io ho il tempo di fare i grazia con i tempi di legge e soprattutto riusciamo a fare una benedetta riforma della giustizia prima che ti arrivino le altre condanne. Ma sbrigati a farla sta domanda di grazia, che se no i tempi slittano. Oh? Hai capito o no?

E alla fine, fai un piacere, trovati un altro capo politico per il tuo partito. Possibilmente non una triglia lessa come Alfano. Sul serio, qua stiamo facendo i salti mortali per salvarti, se diventi una figura sullo sfondo viene più facile.

Ogni gesto di rispetto dei doveri da osservare rispetto all’Europa, ogni realistica presa d’atto di esigenze più che mature di soffocamento del conflitto sociale e di rinnovamento delle larghe intese ad libitum, sarà importante per superare l’attuale difficile momento.

Cari sudditi, viva il Regno d’Italia, viva il Sacro Europeo Impero, viva la NATO!

In un mare di tensioni

Giappo-revanscismo e risposta sudcoreana.
(Certo che appellarsi al divieto di slogan politici negli stadi, al di la di tutto, è di una pezzentaggine infinita)

Paralleli convergenti

a_jap_militaryParlo spesso di quello che capita oltre il 38° perché l’idea di fondo è che il nemico stia da quella parte, verso nord. Ma che succede qualche chilometro più a sud?
Non certo cose belle, in questo momento.
Le tensioni internazionali stanno crescendo nell’area, ma sembra che nessuno ci faccia caso o dia loro l’importanza che si meritano.
Dopo la recente vittoria di Shinzo Abe alle elezioni Giapponesi la situazione nel Mar Cinese Orientale sembra essersi complicata. Il pellegrinaggio di appartenenti al partito liberal democratico al santuario di Yasukuni (luogo di sepoltura di eroi giapponesi morti in guerra, un migliaio dei quali condannati per crimini di guerra dal tribunale di Tokyo), la recente visita di Abe a Ishigaki non lontano dall’arcipelago conteso delle Senkaku/Daoyu, la proposta di una revisione dell’art. 9 della Costituzione giapponese, che prevede un cambiamento epocale negli atteggiamenti difensivi del Paese del Sol Levante, sono stati elementi…

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La revisione del debito in Cina

Traduzione di servizio dell’articolo di Chen Long su China Seminar dell‘Institute for New Economic Thinking del 29 luglio 2013.
Ovviamente, se la nuova revisione del debito dovesse trovare numeri esageratamente alti, ne seguirebbe una fortissima pressione per limitare l’interventismo die govenri locali in economia e per un nuovo round  di privatizzazioni. Comunque, è sempre utile ricordare che la Cina ha anche i mezzi finanziari per alleviare il suo debito e l’ha già fatto in passato, ed è sempre utile ricordare agli europei che fuori dall’UE nessuno s’è mai imposto dei limiti come quelli di Maastricht.

 Perché la Cina sta rifacendo la revisione dei debiti dei governi locali?

 Il Financial Times scrive:

La Cina si aspetta a condurre un’urgente revisione di tutto il debito governativo, sottolineando le preoccupazione sui crescenti rischi finanziari nella seconda economia mondiale.

L’Ufficio di Revisione Nazionale ha detto con una dichiarazione di una sola linea di aver ricevuto l’incarico dal Consiglio di Stato, il governo cinese, di indicare quanto siano indebitati tutti i livelli di governo, dai villaggi alle autorità centrali.

 

Quindi, perché poniamo la domanda del titolo?

Perché questa sarebbe la terza revisione del debito dei governi locali, ad appena un mese dall’ultimo report pubblicato, ed arriva molto prima di quanto tutti, incluso l’Ufficio di Revisione Nazionale (NAO, National Audit Office), si aspettassero.

Due revisioni sono già state fatte su questa materia. La prima copriva più 3000 governi locali, è stata condotta da Marzo a Maggio 2011 ed è stata pubblicata nel Giugno 2011. La seconda è stata fatta su una scala molto più piccola, includendo solo 36 governi locali. È stata effettuata da Novembre 2012 a Febbrario 2013 e il rapporto è stato pubblico il 10 Giugno, un mese fa. Secondo le informazioni fornite dal Quotidiano del Popolo, il giornale ufficiale del Partito (in cinese, per l’inglese si faccia riferimento al Rapporto del Financial Times), la terza revisione è stata richiesta dal Consiglio di Stato e inizierà il primo di Agosto. Il NAO ha disdetto altri progetti per concentrarsi su questo e a molti revisori è stato chiesto di cancellare le vacanze.

Queste notizie hanno sollevato molte discussioni in Cina pare che molti siano molto preoccupati dal debito del governo locale visto che lo Shanghai Composite Index è sceso dell’1,72% oggi (29 Luglio). Il Quotidiano del Popolo ha provato a calmare tutti dicendo è solo routine ma chiaramente non lo è dato che l’ultimo rapporto era del mese prima e i revisori avrebbero svolto altri lavoro (o sarebbero andati in vacanza) se non fossero stati richiamati dal Consiglio di Stato. Quindi, perché il Consiglio di Stato vuole un’altra revisione ad appena un mese dopo la pubblicazione dell’ultimo rapporto? La mia ipotesi è che qualcuno al vertice non fosse soddisfatto da quello l’ultimo rapporto e che quindi questa persona molto importante ne voglia un altro per capire meglio il livello del debito.

Quindi la vera domanda è: perché questa persona molto importante non era molto soddisfatto dall’ultima revisione? La tabella mostra che la seconda revisione è stata molto meno integrale della prima e ci sono molti dubbi sul fatto che 36 governi locali siano rappresentativi di tutta la situazione. Di fatto, l’ultimo rapporto potrebbe essere ingannevole in molte maniere.

 

  Prima revisione Seconda revisione
Tempo Fome 2010 Fine 2012
Scala Più di 3000 governi localie 36 governi locali
Totale 10.7 trilioni di yuan 3.85 trilioni di yuan
Tasso di crescita Media del 30% annuale 2000-2010 12% dal 2010 al 2012

Perché dico questo? Il tasso di crescita del debito nei 36 governi locali è stato del 12% negli ultimi 2 anni, mentre era del 30% medio annuo nella prima decade del secolo. Se dobbiamo fare affidamento al campione di 36 governi locali la crescita del debito è rallentata significativamente negli ultimi 2 anni mentre il PIL è continuato a crescere. Il primo rapporto NAO diceva che il debito totale dei governi locali era di 10,7 trilioni di yuan, applicando il tasso di crescita del 12%, dovrebbe ammontare a 12 trilioni di yuan a fine 2012, il 23% del PIL, meno del 25% del 2010.

Figure 1 Debito totale dei governi locali (in miliardi di yuan), se ci affidiamo all’ultimo rapporto NAO

 

Che il debito del governo locale abbia toccato i 12 trilioni nel 2012 è semplicemente troppo bello per essere vero. Non ci credono neanche gli ufficiali del governo. Xiang Huaicheng, ex ministro delle finanze, ha detto in Aprile che i governi locali potrebbero già essersi indebitati per più di 20 trilioni di Yuan. Ovviamente anche gli istituti i ricerca compiono varie stime. Tra anni dopo la prima revisione del governo, il debito totale dei governi locali è ancora un mistero. E la variazione da 12 trilioni a 20 implicherebbe politiche molto diverse.

 

Stima ottimista

Stima pessimista

Debito del governo centrale

7.76

7.76

Debito dei governi locali

12.10

20.00

Bond delle policy bank

7.86

7.86

Ex Ministero delle Ferrovie

2.79

2.79

Compagnie di gestione finanziarie.

1.39

1.39

Altro

1.10

1.10

Totale

32.9

40.9

% del PIL 2012

63.4

78.8

Facciamo un rapido calcolo sul debito governativo totale della Cina, che copre non solo i debiti diretti del governo centrale e di quelli locale, ma anche altre passsività inclusi i debiti delle policy bank, i debito dell’ex Ministero delle Ferrovie e i debiti della quattro Compagnia di gestione finaziaria legate alle quattro grandi banche cinesi. Il debito totale va da 32,9 a 40,9 trilioni di yuan, cioè dal 63,4% al 78,8% del PIL, a seconda di quale stima si scelga sui governi locali. Ovviamente, i nostri calcoli possono aver lasciato fuori qualcosa, come le passività dei fondi pensione, quindi il debito potrebbe essere ancora più alto.

Figura 2 A che velocità cresce il rapporto Debito/PIL cinese?

 Per di più, se Xiang Huancheng ha ragione sul debito totale ammontante a 20 trilioni di yuan, significa che il rapporto debito/PIL è cresciuto e che la Cina sta sprecando più risorse per mantere il PIL in crescita. Comunque, se il debito dei governi locale fosse solo di 12 trilioni, allora il rapporto debito/PIL sarebbe calato a significherebbe una Cina più efficiente. Se crediamo al primo scenario, allora la Cina ha bisogno di riforme più velocemente possibile per aggiustare la situazione, se crediamo al secono, la Cina è già sulle giusta via e il governo deve solo proseguire-

Di fatto, anche se crediamo al secondo scenario, la situazione non è comunque ottima. Secondo l’ultimo rapport NAO, il 37,6% dei Veicoli di Finanziamento dei Governi Locali (LGFV), per un valore di 900 miliardi di yuan, sono illiquidi o difficile da liquidare. Non è chiaro cosa questo significhi esattamente, sembra suggerire che i governo locali sarebbero incapaci di recuperare il valore di questo assett se fossero costretti a liquidarli. Sia la percentuale che il valore assoluto sono grandi.

Figure 3 Debito governativo totale (in milairdi di yuan) secondo Xiang Huaicheng

 

Legenda, dall’alto al basso: Governo centrale, Governo locali, le grandi banche pubbliche, ex Ministero delle Ferrovie, Compagnie di gestione finanziaria, Altro, Tasso debito/PIL

A quale versione dovremmo chiedere? Non siamo nella posizione di giudicare, dato che Xiang Huaicheng non offre alcuna solida analisi e i dati NAO sembrano troppo contenuti per essre veri. Non dobbiamo neanche sentirci frustrati, perché la persone molto importante nel Consiglio di Stato non sembra saperne molto più di noi (o forse dovremmo sentirci frustrati perché i top leader ne sanno quanto noi…). La persona molto importante è preoccupata quanto noi, se non di di più, ed è per questo che ha richiesto un’altra ricerca su basi più estese. È difficile prevedere quali dati verrano riportati dal terzo rapporto, ma penso anche anche che sia probabile che vengano sfondati i limiti delle precedenti stime, e questo sarebbe una vera sfida per il nuovo governo.

Ps: Ci sono alcuni aggiornamenti sulla revisione. Secondo il sito Caixin, la revisione includerà non solo i governo provinciali, cittadini e di contea, anche il governo centrale e le piccole municipalità. Sarò quindi la revisione del debito più estensiva mai fatta. Quindi, aspettiamo di trovarci di fronte a dei dati giganteschi.

Central Banking Seminar

Chen Long

2 Agosto di qualche anno fa

Non è uno degli anniversari tondi che fanno passare il servizio al tg1 da quindici secondi a trenta secondi con intervista ai familiari delle vittime.

È solo uno dei tanti anniversari che passano con la piccola retorica del ricordo di ottantacinque persone che stavano aspettando il treno e sono state uccise da una bomba. La parola fascista è pronunciata poco, la parola stato ancora meno. Praticamente nulla sugli Stati Uniti D’America.

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È un anniversario che cade in tempi di complottismi, di gente che crede che il mondo sia governato dai rettiliani, delle trame dei giudei e dalle scie chimiche. Specularmente, è un anniversario che cado in tempi in cui quelli intelligenti negano che siano mai esistiti i complotti. E, già che ci sono, insieme a Grillo e Ike mettono nel calderone anche chi cerca di ricordare che in questo paese i servizi segreti nazionali ed esteri hanno armato i fascisti perché compissero una serie di stragi che destabilizzassero l’Italia e favorissero la formazione di un governo autoritario, o quantomeno impedissero al PCI di andare al governo.

È un anniversario in cui la giustizia borghese ha portato pochissima giustizia, gli esecutori materiali (condannati anche per omicidi organizzati, realizzati, rivendicati, confessati) sono fuori dal carcere, assistiti dalla solita associazione dei Radicali. In loro favore ogni tanto esce qualche campagna innocentista, perché le sentenze non si commentano solo se si tratta di vetrine infrante, se invece si tratta di bombe nelle stazioni, e magari c’è la possibilità di incolpare i palestinesi o Gheddafi, allora tutto vale. I mandanti della strage non sono mai stati trovati.

L’anniversario 2013 della Strage di Bologna è la constatazione che chi ha messo quella bomba, chi ha ordinato di metterla, chi ha impedito di conoscere la verità, ha semplicemente vinto.

E se De Gregori avesse ragione?

Mettiamola così, no, De Gregori non può avere ragione.
Perchè la sua intervista è semplicemente un guazzabuglio confuso in cui c’è tutto e il contrario di tutto. Dice che bisogna occuparsi dell’ILVA invece che delle troie di Berlusconi e poi passa al rituale attacco al sindacato.
E neanche l’intervista può essere considerata un attacco alla “sinistra dei valori”, perchè poi elogia proprio la sinistra senza conflitto, senza classi sociali e senza un modello proprio, tanto da risultare succube a Monti e Papa Francesco.
L’intervista a De Gregori in fondo non è altro che il segno della confusione massima che regna a sinistra su qualsiasi cosa.

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Buona parte dell’elettorato di sinistra ha accolto con sdegno, e con ostentata ironia, l’intervista che ha rilasciato ieri Francesco De Gregori ad Aldo Cazzullo e nella quale il cantautore se la prendeva con una “certa sinistra”. La sinistra, precisamente, che preferisce cianciare di Noemi Letizia piuttosto che affrontare i problemi dell’Ilva di Taranto, la sinistra giustizialista a prescindere, la sinistra ecologista, la sinistra, per intenderci, che idolatra Slow food e che pensa alle piste ciclabili come a una forma di panacea nei confronti di ogni male sociale.

Intendiamoci, lo sfottò nei confronti dell’intellettuale di sinistra con il dolcevita di cachemire e le Clarks blu è vecchio per lo meno quanto De Gregori stesso, ma quello che il cantante romano denuncia in quell’intervista è, forse, qualcosa di un po’ più profondo e preoccupante. Non si tratta, infatti, dello stereotipo dell’elettore di sinistra, colto ed erudito, che va a una retrospettiva di…

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Giappo-revanscismo.

(I nazisti) l’hanno fatto in modalità “non-dirlo-a-nessuno”, e la Costituzione di Weimar fu cambiata senza che quasi il popolo se ne accorgesse. Perchè non usiamo lo stesso metodo?
Taro Aso, ministro delle finanze giapponese –

Come tutti i territori post coloniali, l’est asiatico è puntellato di confini incerti, recriminazioni sui crimini mai puniti (a volte neanche mai ammessi), nazionalismi e nostalgie.

La sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale aveva, in teoria, messo in soffitta il nazionalismo giapponese, la Costituzione imposta dagli Stati Uniti negava la ricostruzione delle forze armate e nessun “MSI Giapponese” poteva emergere.

La bandiera imperiale giapponese è una presenza regolare negli stadi. Una di quelle cose che riesce a unire le due Coree...

La bandiera imperiale giapponese è una presenza regolare negli stadi.

In realtà, tra negazionismo dei crimini commessi durante le guerre coloniali e visite alle tombe dei criminali di guerra da parte di ufficiali di governo, il nazionalismo non è mai sparito. La destra ufficiale liberaldemocratica l’ha cavalcato spesso e volentieri, l’esternazione di Aso è solo l’ultima di una lunga serie. L’obiettivo politico delle destre è ormai da decenni riformare l’articolo 9 della Costituzione per poter avere delle forze armate anche di nome, dopo averle costruite di fatto sotto il nome di Forze di Auto Difesa.

E con la vittoria in entrambe le camere del parlamento, il Partito Liberal Democratico ha i numeri per cambiare la Costituzione. Con la novità che oltre alle destre liberali ora in parlamento ci sono anche i nazionalisti del Partito della Restaurazione. che per ora rimane fuori dalla coalizione di governo nazionale ma che ha contribuito all’elezione del governatore di Tokyo insieme a tutte le altre destre. (Edit del 5 Agosto: per la verità il Komeito, alleato senza i quali i liberaldemocratici non raggiungono la maggioranza assoluta alla Camera Alta, s’è espresso contro la riforma dell’articolo 9)

Il Giappone partecipa ormai da anni alle missioni militari internazionali, dalla guerra in Iraq all’occupazione di Haiti passando per i pattugliamenti delle coste somale. Il Giappone ha forze navali e aeree che impiega per confrontarsi con gli stati limitrofi (non solo la Cina, ma anche le Coree e il Vietnam) con cui ha dispute territoriali risalenti all’impero. La vera posta in gioco del ravanscismo giapponese è oggi la costruzione di un arsenale nucleare e la legittimazione a seguire una propria politica di potenza nell’area.

Fino ad oggi il nazionalismo giapponese è stato tollerato dalla “comunità internazionale” come un contraltare alla Cina. Rimane da vedere quanto gli Stati Uniti, che stanno spostando sul Pacifico la gran parte delle proprie forze militari, siano disposti ad accettare un Giappone che si muove in maniera autonoma.