Per la Rivoluzione Civile.
Alle elezioni del 24 e 25 febbraio voterò in maniera convinta la lista Rivoluzione Civile capeggiata da Ingroia e sostenuta anche dal mio partito, Rifondazione Comunista.
Nell’ultimo anno il governo Monti, sostenuto da Partito Democratico, centristi vari e Popolo della Libertà, è riuscito a fare quello che i governi di Berlusconi non erano riusciti a fare in tanti anni: ha abolito l’articolo 18, ha distrutto il sistema pensionistico, ha imposto manovre finanziarie da decine di miliardi di euro e, soprattutto, ha modificato la Costituzione Italiana per imporre il pareggio di bilancio e ha approvato in Europa il Fiscal Compact.
Rivoluzione Civile è la lista di chi si è opposto a tutto questo. Comporla non è stato facile, noi di Rifondazione abbiamo lavorato per un anno per arrivarci, altri sono arrivati dopo. L’importante è che ora ci sia.
Due parole su Articolo 81 e Fiscal Compact.
La riforma dell’Articolo 81 della Costituzione è passata sotto silenzio, eppure è una modifica importantissima. Infatti, prevede che, fatte salve spese per investimenti a lungo termine, il bilancio dello stato debba essere in pareggio. In pratica, significa l’impossibilità di effettuare spese indebitandosi. Nell’epoca delle crisi del debito può sembrare “di buon senso”, in realtà è una follia liberista, venne proposta durante gli anni ’80 sia negli Stati Uniti che in Regno Unito, ma sia Reagan che la Thatcher rifiutarono di inserire una bestialità del genere in Costituzione.
Il gemello europeo di questo estremismo liberista è il Fiscal Compact, un trattato europeo abbastanza complesso che, tra le altre cose, prevede il rientro del debito pubblico all’interno dei parametri di Maastricht in 20 anni. Ancora una volta, le crisi dei debiti degli stati del sud Europa sono state prese come scusa per imporre una politica contraria agli interessi popolari. Rientrare nella soglia di Maastricht vuol dire attuare per 20 anni tagli di circa 45-47 miliardi di euro, significa imporre “manovre di lacrime e sangue” in maniera perpetua. Gli effetti di cure del genere sono sotto gli occhi di tutti in paesi come Grecia, Spagna e Portogallo, i tagli non migliorano la situazione economica di questi paesi, anzi, generano una spirale di recessione e disoccupazione che non fa che aggravarsi.
Sono due provvedimenti di estremismo liberista che il PD ha votato e che non intende modificare, come chiarito dalla carta d’intenti delle primarie che hanno eletto Bersani.
Il programma avanzato e le liste di Rivoluzione Civile.
Rivoluzione Civile non gode certo della simpatia dei grandi mezzi di comunicazione. I giornali tradizionali della borghesia (Corriere della Sera e Sole24Ore) non la mandano a dire: Ingroia deve stare fuori dal parlamento perché nella prossima legislatura non devono esserci rompicoglioni che si oppongono alle riforme liberiste. I media del centrosinistra (Repubblica, Espresso, Huffington Post, TG3, Ballarò, La7…) sono invece più subdoli, puntano tutto sul presentare la lista Rivoluzione Civile come una lista di “sbirri e giudici” tenuta insieme dal giustizialismo, in pratica una riedizione di Italia Dei Valori. Questo semplicemente non è vero.
Certamente, aver deciso di lavorare con Di Pietro ha creato dei problemi, sia a livello programmatico sia di composizione delle liste. Il gruppo parlamentare dell’IdV nell’ultimo anno ha dovuto affrontare un percorso difficile per assumere posizioni coerenti con la critica da sinistra a Monti, a volta non ce l’ha fatta e ha votato provvedimenti pessimi, ma ha completato il percorso anche a costo di subire la perdita dell’ala destra, che se n’è andata sostenendo che ormai Di Pietro fosse schiavo della FIOM.
Per quanto Rivoluzione Civile non sia la lista della FIOM (ed è giusto che non sia così), le sue liste sono piene di persone che vengono dal sindacato metalmeccanico e in generale dal mondo del lavoro: Giovanna Marano (già segretaria della FIOM Siciliana), Antonio Di Luca (RSU FIOM della FIAT di Pomigliano), Maurizio Zipponi (già segretario della FIOM di Bergamo), Augusto Rocchi (già segretario della FIOM di Milano), Pier Giovanni Alleva (consulta giuridica della CGIL) Claudio Giardullo (già segretario del SILP-CGIL), Angelo Pirotto (sindacalista della CarboSulcis). Sono solo alcuni dei nomi più famosi a capo delle liste.
Sul profilo programmatico Rivoluzione Civile è l’unica lista a fare la critica dell’austerità e proporre un programma coerente. La ricontrattazione del Fiscal Compact, l’abolizione della Riforma Fornero (lavoro e pensioni), la nazionalizzazione del Monte dei Paschi di Siena e l’uso della Cassa Depositi e Prestiti come banca pubblica che finanzi le imprese strategiche, il controllo pubblico per garantire la bonifica dell’ILVA, la lotta dura alla mafia e all’evasione fiscale, la legge per la rappresentanza sindacale che ponga fine alle prepotenze dei Marchionne grandi e piccoli.
Sono state sollevate polemiche su alcune posizioni assunte sulla giustizia da alcuni dei candidati. Certo, alcuni dei partecipanti a Rivoluzione Civile partono da posizioni meno avanzate, ma il programma è chiaro anche su questo: R.C. è per il numero identificativo degli agenti delle forze dell’ordine in assetto antisommossa, è per l’introduzione del reato di tortura ed è contro il diritto penale classista che riempie le galere di poveracci con leggi come quella sulle droghe e sull’immigrazione (entrambe scritte dal fascista ripulito, e futuro alleato del centrosinistra, Fini) mentre lascia liberi i peggiori criminali delle classi dominanti.
Certo, Ingroia e Rivoluzione Civile hanno dei limiti. Questa non è ancora la Syriza italiana. Devono essere fatti passi avanti sul piano programmatico, la posizione sulle nazionalizzazioni delle imprese strategiche è troppo timida, solo per fare un esempio. Il metodo di composizione delle liste deve essere radicalmente democratizzato per rispettare sia la rappresentanza sociale sia quella territoriale, il rapporto con i movimenti deve andare oltre alla pur ottima candidatura del sindaco No Tav di Venaus. Soprattutto, bisogna superare l’accentramento dell’attenzione mediatica sulla persona di Antonio Ingroia che fa si che le questioni della giustizia e della legalità appaiano come “marchi di fabbrica” al posto della rappresentanza del lavoro e della lotta all’austerità.
Pur con tutti questi limiti, Rivoluzione Civile è il soggetto più avanzato che sia a disposizione delle classi popolari italiani, non lo sono certo le sette come il Partito Comunista dei Lavoratori o Sinistra Popolare che propongono solo un guazzabuglio di parole d’ordine estremiste.
Due parole su SEL e sul voto utile.
La speranza di cui parlate è una trappola, una brutta parola, non si deve usare. La speranza è una trappola inventata dai padroni.
– Mario Monicelli –
Noi dobbiamo essere in grado di ridare una speranza
– Nichi Vendola –
Metto volutamente in fondo al discorso queste due parole su Sinistra Ecologia e Libertà. Non mi piace andare a chiedere il voto perché SEL sbaglia quindi è meglio votare noi. È il discorso del voto utile all’incontrario. Ma due parole vanno dette.
La reazione di SEL alla presenza di Rivoluzione Civile è stata isterica. I dirigenti vendoliani si sono accodati alla vergognosa campagna del centrosinistra sul voto utile, ovviamente facendo finta di non vedere che Bersani quotidianamente ripete l’intenzione di governare o comunque collaborare con Monti.
I motivi per cui la campagna sul voto utile è vergognosa sono tanti. Non si può invocare il voto utile dopo aver sistematicamente rifiutato il dialogo con Rivoluzione Civile e non lo si può invocare soprattutto se, come fa Bersani, si ripete quotidianamente che in ogni caso il centrosinistra dovrà trovare un’intesa con Monti e che le componenti di sinistra saranno irrilevanti.
Certo, nelle liste di SEL ci sono molti compagni e compagne ottimi. Sono sicuro che quando si troveranno a votare la guerra al Mali o alla Siria, quando si troveranno di fronte alle manovre di lacrime e sangue, quando gli sarà chiesto di ratificare i trattati europei che strozzano i popoli, quando le speranze e le illusioni saranno passate, troveremo questi compagni dalla nostra parte della barricata.