Esistono, tuttavia, anche obiezioni più “classiche” alle tesi della New Left, in base alle quali gli operai americani non rifiuterebbero le ideologie della nuova sinistra perchè privi di identità e coscienza di classe, ma proprio perchè mantengono una chiara consapevolezza dei propri interessi. Ad argomentare in modo convincente tale tesi è, fra gli altri, Slavoj Zizek. Di fronte al paradosso di una classe operaia schierata a destra, sostiene Zizek, non possiamo cavarcela ricordando che non necessariamente esiste un legame fra posizione socio-economica e ideologia. Questo è ovvio, meno ovvio è rendersi conto di come l’emergenza di una nuova classe media legata alle professioni del terziario avanzato abbia contribuito a indirizzare la cultura e i programmi delle sinistre tradizionali (democratici in America, laburisti in Inghilterra, socialdemocrazie in Europa) verso rivendicazioni “postmaterialistiche” ( ambientalismo, ecopacifismo, lotte contro razzismo, sessismo e fondamentalismi, rivendicazioni dei nuovi diritti civili, ecc.) e, nel contempo, abbia comportato il ripudio degli interessi delle “vecchie” classi produttive, colpite dalla ristrutturazione capitalistica e dallo smantellamento del welfare.
La classe operaia odia i liberal “illuminati” che hanno acquisito il controllo della sinistra, inducendola a imboccare la “terza via” tracciata dai Bill Clinton e dai Tony Blair; un odio che non è dettato da ragioni ideologiche ne, tantomeno, da una conversione ai valori e ai principi della destra conservatrice, ma che, più semplicemente, ha come bersaglio un ceto politico che ignora le ragioni dei soggetti sociali più deboli. E tale analisi non vale solo per l’America: anche nella vecchia Europa, dove partiti e sindacati mantengono un ancorché limitato e formale riferimento ai valori tradizionali della sinistra, abbiamo assistito a impressionanti migrazioni operaie verso forze politiche di desta – vedi il caso della Lega Nord in Italia – che si sono assunte il ruolo di rappresentarne, anche se solo a parole, gli interessi.
Carlo Formenti – Utopie Letali . pp.67-68