La linea comica: Abravanel e la meritocrazia cinese

Abravanel riciccia le tesi di Daniel Bell sulla Cina.

La meritocrazia cinese
tra Confucio e il comunismo

Dopo Mao si è tornati a selezionare con criterio i «mandarini», per contrastare corruzione e nepotismo, che permangono. Ma i risultati sono buoni

Tra le altre cose divertenti:
“Ma, se la nostra democrazia non può copiare la meritocrazia politica cinese nella selezione dei politici, può farlo nella selezione dei dirigenti della pubblica amministrazione (Pa). Mentre in Cina i politici sono de facto i dirigenti della Pa perché non esiste un parlamento, da noi si è fatto il contrario, «politicizzando» i dirigenti della Pa.”
Qualcuno dovrebbe spiegare ad Abravanel che esiste un parlamento cinese, l’Assemblea Nazionale del Popolo, che ha compiti diversi rispetto a un parlamento di un paese liberaldemocratico ma esiste.
Oppure potremmo continuare a goderci lo spettacolo di un sostenitore del “merito” che parla a casaccio di un paese di cui evidentemente non sa nulla.

Real Mars (i mostri siamo noi)

Futuro prossimo. L’Unione Europea realizza finalmente la prima missione umana per Marte. Per finanziare l’impresa è necessario creare un reality show – Real Mars, appunto, che segua i quattro astronauti nel loro viaggio.

Il romanzo di Alessandro Vietti segue il reality show che segue il viaggio, segue la vita dei quattro astronauti, tra cui un italiano, e intercetta le vite di spettatori mentre il mondo lentamente scivola in una credibilissima psicosi collettiva per Real Mars. Potrebbe sembra un episodio di Black Mirror, se non fosse che dai ringraziamenti la lavorazione appare iniziata molto prima della prima stagione del capolavoro di Charlie Brooker.

La trama si sviluppa tra (forse) complotti e (forse) premonizioni di santoni televisivi. C’è qualcosa che minaccia la missione? Forse. Ma la cosa più importante è, per me, il terribile affresco che esce della società italiana ed europea. Penso che uno dei punti di forza di Vietti sia fare nomi e cognomi del mostro televisivo, l’eterno Conduttore Intelligente Fabio Fazio è lì, al servizio dell’ennesima becera operazione commerciale. Altri personaggi, astrologi, opinionisti, vallette e faccendieri rimangono più come “idealtipi”. Per molti versi Vietti su questo ricorda il migliore Stefano Benni, quando era in grado di trasfigurare la società contemporanea nelle distopie come Terra, Baol o Spiriti.

Il secondo punto di forza è la capacità di dipingere in poche pagine le figure tragiche degli spettatori. Qualcosa di simile a quello che faceva spesso Tiziano Sclavi nei primi anni di Dylan Dog. Qualcosa che espone facilmente qualunque autore al rischio di scadere nel patetico (nel senso di suscitare emozioni un tanto al chilo) o nel commento sociale banale, rischi su cui a volte sono caduti anche due grandi autori come Benni e Sclavi. Vietti invece ne esce (quasi) sempre bene. E uno dei motivi è che l’umanità di Vietti è vittima della psicosi di Real Mars e allo stesso tempo è complice. E da lettore, quando chiudo il libro, non posso che pensare con un brivido che Real Mars lo guarderei anch’io.

Real Mars, pubblicato dalla benemerita Zona42, dimostra che c’è vita nella fantascienza italiana, se si vuole scavare in qualcosa di diverso dal poliziesco su sfondo futuribile e dai tentativi derivativi della fantascienza anglosassone. Un romanzo profondamente italiano sia per le influenze (certo, potrei perfettamente sbagliarmi e magari Vietti non ha mai letto una riga di Benni e Sclavi) sia per il rapporto “particolare” che il nostro paese ha con la televisione. Proprio perché italiano, un romanzo che non sa di plastica e che potrebbe, quindi, uscire oltre i patri confini.

7 tesi su Donald Trump

Traduzione di “Seven thesis on Donal Trump“, di Adaner Usmani, pubblicato su Jacobin Magazine.

Sette tesi su cosa significa e non significa l’elezione di Donald Trump.

1.

Un venditore di paure, portatore di discorsi razzisti, molestatore e islamofobo ha vinto la corsa per la Casa Bianca. Mi sono formato le mie prime idee su Donald Trump ascoltando un discorso di Yusef Salam, uno dei “cinque di Central Park”. Trump usò la loro discendenza per chiederne il linciaggio. [Si riferisce a un famoso caso di cronaca nera degli anni ’80 per cui Trump chiese il ripristino della pena di morte a New York.] Ora diventerà l’uomo più potente del mondo. Non c’è bisogno di aggiungere altro.

2.

In ogni caso la sinistra continua a cercare di cambiare il mondo, in varie maniere. Le mie notizie sono piene di appelli ad organizzarsi. Assolutamente giusto. Ma per organizzarci dobbiamo apprendere le giuste lezioni da questa sconfitta. Per farlo, abbiamo bisogno delle giuste spiegazioni.

3.

Il suprematismo bianco non spiega la vittoria di Trump, a meno che non si intenda che Trump, come tutti i presidenti prima di lui, è stato portato alla Casa Bianca dai bianchi. Tutti i membri del Ku Klux Klan sostengono Trump, non tutti i sostenitori di Trump sono membri del Ku Klux Klan. Il fatto principale di questa elezione è la rivolta dei bianchi non laureati della Rust Belt [stati delle NordEst-MidWest in declino economico]. Cinquant’anni fa votavano per Lyndon Johnson, lasciati indietro dalla globalizzazione, dalla fuga dei capitali e dal cambiamento tecnologico, si sono rivoltati contro l’establishment difendendo il loro passato (e il loro welfare state) attaccandosi a ogni capro espiatorio: la Cina, gli immigrati, i neri. I loro padri avevano dei buoni lavori, loro ri vogliono quel mondo. La proboscide dell’elefante si è vendicata.

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4.

La misoginia non spiega la vittoria di Trump. Il 42% delle donne lo ha votato. Forse alcune erano motivate proprio dal suo sessismo, ma di sicuro molte hanno deciso di ignorarlo. I contro di votare per un molestatore, anti abortista e disonesto sono stati compensati dai benefici di compiere un atto trasgressivo. Se non potete comprendere questa scelta (come confesso di non poter fare), probabilmente non avete vissuto quello che hanno vissuto loro.

 5.

La stupidità e l’ignoranza non spiegano la vittoria di Trump. Queste persone non si fidano più dei timidi liberali, e perché dovrebbero? Il nativismo è meno legato all’establishment, più radicale, più promettente. Ovviamente Trump non riporterà indietro i posti di lavoro da oltre mare o dagli immigrati. Ma per sconfiggerlo avremmo avuto bisogno di un programma che riguardasse coloro che negli ultimi 30 anni hanno visto il loro mondo disfarsi. Non sono gli ultimi della terra, certo, ma hanno vissuto decenni di impoverimento e sono arrabbiati.  I liberali invece hanno contrastato Trump con il dolce nulla tipico di chi vive all’interno del sistema.

6.

I liberali dell’establishment non hanno risposte perché i Democratici vivono in un universo parallelo. Loro stanno sulla punta della proboscide dell’elefante, dove non ci sono stati 30 anni di fabbriche chiuse e dipendenza da oppiacei, hanno avuto Uber e azioni operazioni in borsa.

7.

Eppure anche noi della sinistra restiamo senza risposte se semplicemente abbandoniamo coloro che hanno votato Trump. Tutte le organizzazioni socialiste del paese non riempirebbero uno stadio di football, figuriamoci rimettere al suo posto Trump. Principalmente, viviamo nelle università e/o negli stato solidamente democratici. Se organizzarci significa solo raddoppiare l’impegno in quello che facciamo già, siamo nei guai.

 

Appello per Unità Popolare

La fine dell’esperienza di SYRIZA non può evidentemente essere liquidata in poche parole. Ci saranno modi e momenti nei prossimi tempi per ritornarci. Comunque, bisogna anche prendere parte. Ho firmato insieme ad altri compagni questo appello di solidarietà con Unità Popolare.

 

Appello: Solidarietà al popolo greco e alle forze sociali e politiche che si oppongono al nuovo memorandum

La sinistra greca e la sconfitta

Per La Città Futura, ho tradotto la lunga intervista del Jacobin Magazine a Stathis Kouvelakis, della Piattaforma di Sinistra di SYRIZA  (quelli che che stanno votando contro l’accordo, per intenderci).

La lotta continua

“voglio aggiungere una riflessione su quale sia il senso di uscire vincitori o sconfitti in un conflitto politico. Penso che, per un marxista, sia necessaria una comprensione storicizzata di questi termini. Da una parte si può dire che si è vittoriosi perché ciò che si è  detto si è dimostrato vero.

È la strategia del l’avevamo detto. Se però non si è capaci di dare una forza concreta alla propria posizione, si è politicamente sconfitti. Se si è senza potere e ci si è dimostrati incapaci di trasformare la propria posizione in pratica di massa, allora ovviamente non si è politicamente vittoriosi. Questa è una cosa.

La seconda cosa è che non tutti sono stati sconfitti alla stessa maniera e nella stessa misura. Voglio sottolinearlo. Penso che sia stato cruciale aver fatto la battaglia interna a SYRIZA.

Lasciami essere chiaro. Quali erano le altre opzioni? Alla prova del periodo decisivo il KKE e Antarsya hanno dimostrato, ovviamente in maniere molto diverse, quanto fossero irrilevanti. Per noi, l’unica scelta alternativa sarebbe stata rompere prima con la dirigenza di SYRIZA. In ogni caso, date le dinamiche nel periodo cruciale tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, saremmo stati marginalizzati.

L’unico risultato concreto che io riesco a vedere sarebbe stata l’aggiunta di un paio di gruppi ai dieci o dodici che compongono Antarsya che sarebbe passata dallo 0,7% all’1%. Questo avrebbe significato offrire SYRIZA a Tsipras e alla maggioranza, o quantomeno alle forze al di fuori della Piattaforma.

Ora nella società greca è chiaro che l’unica opposizione di sinistra a ciò che sta facendo il governo è il KKE. Non si può negare, ma sono totalmente irrilevanti sul piano politico. Non abbiamo parlato del ruolo del KKE durante il referendum, è stata una caricatura della loro irrilevanza. Hanno fatto campagna per un voto nullo, hanno chiesto agli elettori di usare una scheda preparata dal KKE con un doppio no (all’UE e al governo). Queste schede ovviamente non sono state conteggiate come valide e l’operazione è stata un fiasco. I dirigenti del KKE non sono stati seguiti dai loro elettori, circa l’1% degli elettori, o forse meno ha usato la scheda non valida.

Oltre a loro c’è la Piattaforma di Sinistra. I greci sanno, e i media continuano a ripeterlo, che la principale spina nel fianco di Tsipras è Lafazanis con la Piattaforma. Possiamo aggiungere Zoe Kostantopoulou. Penso che sia ciò che abbiamo guadagnato dalla situazione. Abbiamo le basi per un nuovo ciclo, una forza che è stata in prima linea nella battaglia politica e che porta un’esperienza senza precedenti.

Tutti quanti comprendono che sei falliamo questa sfida, per la sinistra non ci sarà altro che un campo di macerie dopo tutto questo.

Da questa prospettiva, dalla prospettiva della ricostruzione della sinistra anticapitalista, senza pretendere di essere di essere l’unica forza ad avere un ruolo da giocare, riconosciamo quale sia la posta in gioco e questo ci da grandi responsabilità su ciò che dobbiamo fare qui e ora.

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La tragedia greca delle banche

Traduzione di alcuni passaggi dei commenti di Frances Coppola sull’accordo capestro firmato dalla Grecia. Non concordo necessariamente con tutte le valutazioni.

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La grande tragedia delle banche greche, ATTO I: la “sospensione di Schauble”

“Era ovvio che le trattative sarebbero state difficili e l’approccio di forza nella debolezza del governo greco significava che si sarebbe dovuto spingere pericolosamente vicino alla Grexit. La fuga di capitali dalle banche era inevitabile. Permettere che la Grecia diventasse completamente dipendente da una banca centrale controllati dai creditori dell’eurozona, ed essa stessa creditrice, è stato un grave errore nella strategia greca. Avrebbe dovuto imporre il controllo di capitali molto prima. Se l’avesse fatto, le condizioni monetarie della Grecia sarebbero state lo stesso di ristrettezza ma le banche sarebbero potuto rimanere aperte.

Il mancato controllo dei capitali anticipato è pero sintomatico di un errore più ampio. Il governo greco si è spinto fino all’orlo della Grexit pensano che i creditori dell’eurozona non avrebbero osato spingere di più. La notte di domenica [tra il 12 e il 13 luglio] il bluff è stato scoperto e non ci sono state contro mosse. [Il governo greco] non era preparato alla possibilità che si dovesse fare l’impensabile e lasciare l’Euro.

La mancanza di un “piano B” ha lasciato il governo greco senza altre opzioni che ritirarsi accettando le richieste dei creditori. Ho criticato i metodi usato per sconfiggere il primo ministro greco Alexis Tsipras, ma il risultato finale era inevitabile. Non avrebbe potuto accettare il piano di “Grexit temporanea” proposto dal tedesco Wolfgans Schauble. Farlo sarebbe stato catastrofico per l’economia greca. “Non abbiamo le riserve estere per una Grexit” ha spiegato poi [Tsipras], e ha ragione e coloro che pensano che la “sospensione” sarebbe stata meglio, sbagliano.

La situazione dovrebbe essere letta in maniera corretta come una crisi degli scambi esteri. La Grecia sta usando una valuta straniera come valuta  domestica e gli emettitori stranieri della valuta estera hanno chiuso i rubinetti, l’unica fonte di valuta sono i guadagni dal commercio e i prestiti internazionali. La Grecia ovviamente non è nelle condizioni di ottenere prestiti dai mercati internazionali, quindi rimangono solo i guadagni da commercio. Ma la Grecia ha in deficit sulla bilancia commerciale e importa beni essenziali come cibo e carburante. Quindi, anche con le banche chiuse, c’è ancora una fuoriuscita di euro dall’economia greca.

[…]

Il fatto è che la “sospensione di Schauble” sarebbe il risultato peggiore per la Grecia. Anche una grexit permanente, con tanto di uscita dall’UE, sarebbe preferibile perchè almeno permetterebbe di fare default sui debiti denominati in euro. Ma porterebbe comunque a un crollo degli scambi esteri data la dipendenza dalle importazioni. La Grexit è letale fino a quando le esportazioni greche restano così deboli.”

La grande tragedia delle banche greche, ATTO II: la rapina 

1. Le banche greche stanno riaprendo per le sole transazioni. Il limite ai prelievi rimarrà probabilmente per tutta l’estate, limitando la capacità effettiva dei greci di ammassare contanti. Probabilmente rimarranno i controlli di capitale che impediscono di portare i soldi all’estero rimarranno.

2. Al governo greco viene chiesto di dare massima priorità alla legislazione per attuare la direttiva europea Bank Resolution & Recovery. Una volta attuata, la risoluzione delle banche includerà il bail-in dei creditori chirografari

3. In autunno, la Banca Centrale Europea/Meccanismo di Vigilanza Unico condurrà una nuove revisione della qualità degli assett per determinare la loro solvibilità. La maggior parte delle stime sul deficit di capitale si aggira attorno ai 15 miliardi di euro, escludendo le Attività per Imposte Anticipate (DTA), una forma di capitale molto usata dalle banche greche e che la BCE ha già annunciato di voler gradualmente eliminare. Se la BCE dovesse escludere le DTA dalla definizione CET1, allora il conto totale sarebbe almeno il doppio.

4. Una volta conosciuto il risultato di questa revisione della qualità degli assett, le banche greche verranno ricapitalizzato dal Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM). Questo implica l’uso del servizio di ricapitalizzazione diretta dell’ESM che non sarà disponibile fino a gennaio 2016. Fino ad allora le banche dovranno essere sostenute dalla Liquidità di Emergenza (ELA) mentre i limiti al ritiro di contanti e il controllo dei capitali rimarranno in vigore per prevenire l’ammassamento o la fuga di capitali. I greci quindi hanno davanti la prospettiva di restrizioni all’accesso e all’uso dei fondi almeno fino alla fine dell’anno.

Ci sono due conseguenze significative dell’uso del servizio di ricapitalizzazione diretta dell’ESM.

Primo, la ricapitalizzazione dell’ESM è nei fatti la nazionalizzazione delle banche greche da parte dei creditori dell’eurozona, scavalcando la sovranità greca. Una volta che le banche saranno ricapitalizzate e, presumibilmente, alleggerite dai prestiti non performanti, dovrebbero essere rivendute al settore private. I ricavi della vendita dovrebbero andare a ripagare i prestiti dell’ESM. Il fondo di privatizzazione degli assett quindi include implicitamente tutte le banche greche. Non molti sembrano averlo capito.

Secondo, la ricapitalizzazione diretta dell’ESM richiede il bail-in dell’8% dei crediti. Silvia Merler spiega su Bruegel le implicazioni per i correntisti e gli azionisti delle banche greche:”Il bail-in necessita del taglio pieno dei subordinated/other bonds, il taglio pieno dei bond senior non garantiti e anche un taglio dei depositi non assicurati tra il 13% e il 39% di tre banche su quattro. Questo porterebbe tutte le banche oltre la soglia del 4,5% del CET1 e due banche sopra la soglia dell’8%. Il restante deficit di capitale sarebbe coperto dall’ESM e dalla Grecia, ma i contributi greci sarebbero sospesi. L’ESM avrebbe effettivamente un ruolo molto contenuto“.

[…]

I creditori non sono dell’umore per dare un qualsiasi allentamento alla Grecia. Il fatto che si stanno prendendo misure per impedire che i depositi lascino il sistema bancario in ogni quantità suggerisce l’intenzione sia di fare il bail-in. Se ho ragione, il potenziale risultato economico sarebbe terribile per la Grecia.

 […]

Il bail-in dei depositi delle imprese e degli individui greci sarebbe il segnale più chiaro che la ripresa dell’economia greca non è sull’agenda di nessuno. Sarebbe una gigantesca rapina ai redditi del settore privato.

Sospetto che Alexis Tsipras pensasse che qualcosa del genere fosse in programma nel momento in cui ha insistito che parte dei proventi delle privatizzazioni andasse in nuovi investimenti. Ma sarebbe davvero abbastanza per controbilanciare le perdite delle imprese e delle famiglia greche a seguito di un bail-in draconiano?
Più lo guardo, più l’accordo mi sembra cattivo. In effetti, mi sembra che sia stato disegnato per danneggiare considerevolmente l’economia greca. Quando questo diventerà palese, i greci probabilmente cambieranno idea sul restare nell’euro. Temo sia questo il punto. In una maniera o nell’altra, la Grecia è sulla via d’uscita dall’Eurozona.
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Grecia, alcune brutte giornate

Un paio di pubblicazioni sul sito del Collettivo Stella Rossa sulla Grecia.

Una versione leggermente rivista del libro di Flassbeck e Lapavitsas:

Against the Troika: la politica della Grexit

Un riassunto della questione “nuovo piano di bailout proposto da Tsipras”, che pare abbia avuto un discreto successo:

Grecia, una brutta giornata

Mentre scrivo, pare che sia stato “offerto” alla Grecia un “accordo” riassumibile così: “Ci fa piacere che abbiate abbassato la cresta con il vostro piano, ma son bruscolini. Dateci la gestione fiduciaria di 50 miliardi di beni dello stato greco, se poi voi non fate le riforme come diciamo noi (riforme molto più in profondità di quelle che avete proposto), allora ci mettiamo noi a privatizzare i beni di cui abbiamo la gestione.
Oppure, la Grexit, con qualche aiuto umanitario”.

Ora, nelle cose che ho detto, scritto e fatto negli ultimi mesi ho sempre detto che bisognerebbe astenersi dal dare troppo peso alle voci che escono dai summit riservati e ancora di più bisognerebbe astenersi dal lanciarsi in predizioni sul futuro.

Però

Però così è Grexit punto e basta. Non nel senso che mi auguro che il governo di SYRIZA mandi affanculo Merkel e Schauble e i pezzenti europei che permettono che anche solo si discuta di una cosa del genere. Certo, me lo auguro.

Ma, soprattutto, non credo che nessun governo democratico possa fare qualcosa del genere. Neanche un governo di “unità nazionale” che comprenda metà del gruppo di SYRIZA, la stragrande maggioranza di Neo Demokratia, il PASOK e To POTAMI. Per gestire una roba del genere ci vogliono i colonnelli.

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Sui compagni che vanno a destra

Sinistra e destra e bisogno di autonomia
di Stefano Azzarà su Materialismo Storico
Poiché la sinistra è il PD e il PD e i suoi alleati fanno cose di destra – viene detto -, in realtà destra e sinistra non esistono più e forse non sono mai esistite ma comunque si sono confuse in un’unica, indistinta casta paramafiosa (per i delusi più propensi al lavoro manuale e al ragionamento pratico), oppure in un unico funzionariato politico fiancheggiatore del Grande Capitale Transnazionale e/o Statunitense (per gli intellettuali dotati di più letture).

 

La convergenza con l’iper-ideologia neoliberale che da decenni ci parla della fine delle ideologie dovrebbe destare più di qualche sospetto nei sostenitori di queste tesi. Tuttavia, è comprensibile questa disillusione, soprattutto se mancano gli strumenti per una comprensione storica di ciò che è accaduto negli ultimi decenni e per una comparazione con i secoli precedenti.

 

Ciò che non è gradevole è invece che a questa disillusione segua di solito l’assunzione orgogliosa di atteggiamenti e categorie proprie della destra, quasi a voler segnare con un presunto gesto anticonformista la rottura polemica di quei tabu che caratterizzavano l’antica appartenenza, manifestando in maniera simbolica una presa di distanze.

 

Questo gesto di distinzione al contrario, che nasconde un più profondo bisogno di rassicurazione e serve a elaborare il lutto per il tradimento ideologico subito, non avviene per caso. Discende invece quasi di necessità da quanto sopra, ed è la conseguenza di un’ulteriore sconfitta che sta avvenendo sul terreno del confronto egemonico. Perché in realtà la stessa tesi del superamento di destra e sinistra – tesi che risale alla fine del XIX secolo e che, teorizzata in maniera esplicita nella Rivoluzione coservatrice tedesca a Weimar, si è presentata più volte nel corso del Novecento tornando ogni volta come se fosse chissà quale epocale novità – fa parte del processo di apprendimento che le destre continentali hanno dovuto intraprendere, ormai molto tempo fa, per confrontarsi con quella società di massa che dapprima avevano cercato di ostacolare. Un confronto che alla sinistra ha dovuto e deve contendere simboli, nomi, concetti.
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Le elezioni in Spagna: è più complesso

A questo articolo sulle elezioni amministrative spagnole ci tengo particolarmente. Non sono particolarmente esperto di cose spagnole, non ho grandi verità da svelare.

Ho visto innumerevoli grandi opinionisti, Sua Santità Saviano in testa, confondere Barcelona en Comú con Podemos, ho visto gente che proclamava la vittoria della sinistra in tutte le maggiori città anche quando arrivava primo il PP, ho visto il Manifesto inventarsi le percentuali per poter dire che Izquierda Unida rimarrà sotto la soglia di sbarramento alle politiche, ho visto gente incapace di guardare le serie storiche dei sondaggi.

Dopo aver visto tutti delirare per una settimana, penso sia importante scrivere qualcosa di basato sulla realtà:

Il caso più clamoroso di vittoria dell’unità popolare è stato quello di Barcellona, seconda città della Spagna, dove la lista Barcelona en Comú ha vinto le elezioni col 25,2% dei voti, battendo Convergencia Y Union (regionalisti di destra, 22,7%).BComú è una lista nata dal movimento Guanyem Barcelona che ha unito una vasta gamma di movimenti popolari, di singoli attivisti e di partiti della sinistra, a partire da IU e dagli ecologisti di Equo. Un processo avviato prima delle elezioni europee del 2014 cui Podemos si è aggregato nei primi mesi del 2015. La candidata Ada Colau(già leader del movimento contro gli sfratti) sarà sicuramente sindaco di Barcellona. La legge elettorale spagnola prevede che il sindaco sia eletto dal consiglio comunale ma che, nel caso non si trovi una maggioranza, sia eletto sindaco il candidato della lista più votata. Barcelona en Comú, con undici seggi su quarantuno, per ottenere la maggioranza dovrebbe ottenere l’appoggio delle altre liste di sinistra o centrosinistra: il PSOE (4 seggi), la Sinistra Repubblicana di Catalogna (indipendentisti di sinistra, 5 seggi) e le Candidature di Unità Popolare (indipendentisti di sinistra radicale, 3 seggi). Non sarebbe certo una coalizione facile, Colau potrebbe però anche decidere di sfruttare il diritto di essere sindaco in quanto candidato della lista più votata. 

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Manifestazione di Marea Ciudadana a Madrid. Via.

Manifestazione di Marea Ciudadana a Madrid. Via.

Dalla stesura ad oggi ci sono stati alcuni sviluppi.

Mentre le trattative per le regioni sono in alto mare, qualcosa s’è mosso sulle municipali.
A Barcellona, BEnComú annuncia che farà un referendum interno per decidere se fare un’alleanze con le altre forze di sinistra (per la cronaca, esiste anche la possibilità tecnica, per quanto remota, che una grande alleanza tra PP, PSOE, Ciudadanos e Convergencia Y Union ottenga la maggioranza a scapito di Ada Colau).

A Madrid invece pare che si vada verso un “appoggio esterno” del PSOE all’unidad popular, con i socialisti che voterebbero la fiducia, per evitare che passi la candidata del PP come più votata, ma non entrerebbero in giunta.

Infine, in Andalusia, regione in cui si avvicina la fine dei due mesi entro i quali va formata la maggioranza, altrimenti si andrà a nuove elezioni, la candidata del PSOE insiste sull’ipotesi di un suo governo di minoranza. Con Podemos, Izquierda Unida e Ciudadanos indisponibili a qualunque operazione politica, l’unico accordo possibile sarebbe quindi quello con il PP per un voto di astensione che permetta la nascita del governo di minoranza.