Eviterò immagini apocalittiche e appelli al senso civico.
Al referendum del 17 Aprile votero SÌ per due ordini di fattori.
- Il referendum chiede di non rinnovare automaticamente le concessioni fino all’esaurimento delle riserve. Aldilà degli argomenti tecnici sui motivi per cui sia sensato o meno lo sfruttamento fino alla fine delle riserve, si tratta di stabilire il principio per cui chi sfrutta le risorse naturali del nostro paese, lo fa con limiti e regole precise.
- La produzione di gas e petrolio di cui si discute non è neanche lontanamente immaginabile come una produzione tale da mettere in sicurezza l’autonomia energetica del paese. È, anzi, piuttosto imbarazzante che a usare questo argomento siano coloro che hanno presentato come una svolta storica il tour di Renzi nella penisola araba a caccia di investimenti da parte delle petro-monarchie. Quindi, non c’è nessun possibile scambio tra autonomia del paese e lati negativi. Quando si discuterà di nazionalizzazione della produzione energetica, sarà un altro discorso.
Sono comunque consapevole delle numerose contraddizioni del referendum, l’argomento è sfaccettato e la campagna per il SÌ ha ignorato troppo spesso alcune buone ragioni dei contrari.
In ogni caso, va sottolineato che i sostenitori del NO o dell’astensione hanno fatto larghissimo uso di argomenti biecamente strumentali, se non di menzogne. E l’hanno fatto tanto più mentre proclamavano una presunta neutralità scientifica. Basta pensare a un noto sito di fact checking che ha sostenuto che sarebbe stato illegale svolgere il referendum lo stesso giorno delle amministrative, o al piagnisteo sui posti di lavoro, smontato da Carmine Tomeo su La Città Futura.
Penso che i due argomenti con cui ho iniziato siano abbastanza forti da pesare molto di più di tutte le contraddizioni e le parzialità che, comunque, sono tipiche di ogni referendum. Per, questo 17 Aprile torno sui monti a votare convinto SÌ.