7 tesi su Donald Trump

Traduzione di “Seven thesis on Donal Trump“, di Adaner Usmani, pubblicato su Jacobin Magazine.

Sette tesi su cosa significa e non significa l’elezione di Donald Trump.

1.

Un venditore di paure, portatore di discorsi razzisti, molestatore e islamofobo ha vinto la corsa per la Casa Bianca. Mi sono formato le mie prime idee su Donald Trump ascoltando un discorso di Yusef Salam, uno dei “cinque di Central Park”. Trump usò la loro discendenza per chiederne il linciaggio. [Si riferisce a un famoso caso di cronaca nera degli anni ’80 per cui Trump chiese il ripristino della pena di morte a New York.] Ora diventerà l’uomo più potente del mondo. Non c’è bisogno di aggiungere altro.

2.

In ogni caso la sinistra continua a cercare di cambiare il mondo, in varie maniere. Le mie notizie sono piene di appelli ad organizzarsi. Assolutamente giusto. Ma per organizzarci dobbiamo apprendere le giuste lezioni da questa sconfitta. Per farlo, abbiamo bisogno delle giuste spiegazioni.

3.

Il suprematismo bianco non spiega la vittoria di Trump, a meno che non si intenda che Trump, come tutti i presidenti prima di lui, è stato portato alla Casa Bianca dai bianchi. Tutti i membri del Ku Klux Klan sostengono Trump, non tutti i sostenitori di Trump sono membri del Ku Klux Klan. Il fatto principale di questa elezione è la rivolta dei bianchi non laureati della Rust Belt [stati delle NordEst-MidWest in declino economico]. Cinquant’anni fa votavano per Lyndon Johnson, lasciati indietro dalla globalizzazione, dalla fuga dei capitali e dal cambiamento tecnologico, si sono rivoltati contro l’establishment difendendo il loro passato (e il loro welfare state) attaccandosi a ogni capro espiatorio: la Cina, gli immigrati, i neri. I loro padri avevano dei buoni lavori, loro ri vogliono quel mondo. La proboscide dell’elefante si è vendicata.

income

4.

La misoginia non spiega la vittoria di Trump. Il 42% delle donne lo ha votato. Forse alcune erano motivate proprio dal suo sessismo, ma di sicuro molte hanno deciso di ignorarlo. I contro di votare per un molestatore, anti abortista e disonesto sono stati compensati dai benefici di compiere un atto trasgressivo. Se non potete comprendere questa scelta (come confesso di non poter fare), probabilmente non avete vissuto quello che hanno vissuto loro.

 5.

La stupidità e l’ignoranza non spiegano la vittoria di Trump. Queste persone non si fidano più dei timidi liberali, e perché dovrebbero? Il nativismo è meno legato all’establishment, più radicale, più promettente. Ovviamente Trump non riporterà indietro i posti di lavoro da oltre mare o dagli immigrati. Ma per sconfiggerlo avremmo avuto bisogno di un programma che riguardasse coloro che negli ultimi 30 anni hanno visto il loro mondo disfarsi. Non sono gli ultimi della terra, certo, ma hanno vissuto decenni di impoverimento e sono arrabbiati.  I liberali invece hanno contrastato Trump con il dolce nulla tipico di chi vive all’interno del sistema.

6.

I liberali dell’establishment non hanno risposte perché i Democratici vivono in un universo parallelo. Loro stanno sulla punta della proboscide dell’elefante, dove non ci sono stati 30 anni di fabbriche chiuse e dipendenza da oppiacei, hanno avuto Uber e azioni operazioni in borsa.

7.

Eppure anche noi della sinistra restiamo senza risposte se semplicemente abbandoniamo coloro che hanno votato Trump. Tutte le organizzazioni socialiste del paese non riempirebbero uno stadio di football, figuriamoci rimettere al suo posto Trump. Principalmente, viviamo nelle università e/o negli stato solidamente democratici. Se organizzarci significa solo raddoppiare l’impegno in quello che facciamo già, siamo nei guai.

 

La tragedia greca delle banche

Traduzione di alcuni passaggi dei commenti di Frances Coppola sull’accordo capestro firmato dalla Grecia. Non concordo necessariamente con tutte le valutazioni.

greek bank closed

La grande tragedia delle banche greche, ATTO I: la “sospensione di Schauble”

“Era ovvio che le trattative sarebbero state difficili e l’approccio di forza nella debolezza del governo greco significava che si sarebbe dovuto spingere pericolosamente vicino alla Grexit. La fuga di capitali dalle banche era inevitabile. Permettere che la Grecia diventasse completamente dipendente da una banca centrale controllati dai creditori dell’eurozona, ed essa stessa creditrice, è stato un grave errore nella strategia greca. Avrebbe dovuto imporre il controllo di capitali molto prima. Se l’avesse fatto, le condizioni monetarie della Grecia sarebbero state lo stesso di ristrettezza ma le banche sarebbero potuto rimanere aperte.

Il mancato controllo dei capitali anticipato è pero sintomatico di un errore più ampio. Il governo greco si è spinto fino all’orlo della Grexit pensano che i creditori dell’eurozona non avrebbero osato spingere di più. La notte di domenica [tra il 12 e il 13 luglio] il bluff è stato scoperto e non ci sono state contro mosse. [Il governo greco] non era preparato alla possibilità che si dovesse fare l’impensabile e lasciare l’Euro.

La mancanza di un “piano B” ha lasciato il governo greco senza altre opzioni che ritirarsi accettando le richieste dei creditori. Ho criticato i metodi usato per sconfiggere il primo ministro greco Alexis Tsipras, ma il risultato finale era inevitabile. Non avrebbe potuto accettare il piano di “Grexit temporanea” proposto dal tedesco Wolfgans Schauble. Farlo sarebbe stato catastrofico per l’economia greca. “Non abbiamo le riserve estere per una Grexit” ha spiegato poi [Tsipras], e ha ragione e coloro che pensano che la “sospensione” sarebbe stata meglio, sbagliano.

La situazione dovrebbe essere letta in maniera corretta come una crisi degli scambi esteri. La Grecia sta usando una valuta straniera come valuta  domestica e gli emettitori stranieri della valuta estera hanno chiuso i rubinetti, l’unica fonte di valuta sono i guadagni dal commercio e i prestiti internazionali. La Grecia ovviamente non è nelle condizioni di ottenere prestiti dai mercati internazionali, quindi rimangono solo i guadagni da commercio. Ma la Grecia ha in deficit sulla bilancia commerciale e importa beni essenziali come cibo e carburante. Quindi, anche con le banche chiuse, c’è ancora una fuoriuscita di euro dall’economia greca.

[…]

Il fatto è che la “sospensione di Schauble” sarebbe il risultato peggiore per la Grecia. Anche una grexit permanente, con tanto di uscita dall’UE, sarebbe preferibile perchè almeno permetterebbe di fare default sui debiti denominati in euro. Ma porterebbe comunque a un crollo degli scambi esteri data la dipendenza dalle importazioni. La Grexit è letale fino a quando le esportazioni greche restano così deboli.”

La grande tragedia delle banche greche, ATTO II: la rapina 

1. Le banche greche stanno riaprendo per le sole transazioni. Il limite ai prelievi rimarrà probabilmente per tutta l’estate, limitando la capacità effettiva dei greci di ammassare contanti. Probabilmente rimarranno i controlli di capitale che impediscono di portare i soldi all’estero rimarranno.

2. Al governo greco viene chiesto di dare massima priorità alla legislazione per attuare la direttiva europea Bank Resolution & Recovery. Una volta attuata, la risoluzione delle banche includerà il bail-in dei creditori chirografari

3. In autunno, la Banca Centrale Europea/Meccanismo di Vigilanza Unico condurrà una nuove revisione della qualità degli assett per determinare la loro solvibilità. La maggior parte delle stime sul deficit di capitale si aggira attorno ai 15 miliardi di euro, escludendo le Attività per Imposte Anticipate (DTA), una forma di capitale molto usata dalle banche greche e che la BCE ha già annunciato di voler gradualmente eliminare. Se la BCE dovesse escludere le DTA dalla definizione CET1, allora il conto totale sarebbe almeno il doppio.

4. Una volta conosciuto il risultato di questa revisione della qualità degli assett, le banche greche verranno ricapitalizzato dal Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM). Questo implica l’uso del servizio di ricapitalizzazione diretta dell’ESM che non sarà disponibile fino a gennaio 2016. Fino ad allora le banche dovranno essere sostenute dalla Liquidità di Emergenza (ELA) mentre i limiti al ritiro di contanti e il controllo dei capitali rimarranno in vigore per prevenire l’ammassamento o la fuga di capitali. I greci quindi hanno davanti la prospettiva di restrizioni all’accesso e all’uso dei fondi almeno fino alla fine dell’anno.

Ci sono due conseguenze significative dell’uso del servizio di ricapitalizzazione diretta dell’ESM.

Primo, la ricapitalizzazione dell’ESM è nei fatti la nazionalizzazione delle banche greche da parte dei creditori dell’eurozona, scavalcando la sovranità greca. Una volta che le banche saranno ricapitalizzate e, presumibilmente, alleggerite dai prestiti non performanti, dovrebbero essere rivendute al settore private. I ricavi della vendita dovrebbero andare a ripagare i prestiti dell’ESM. Il fondo di privatizzazione degli assett quindi include implicitamente tutte le banche greche. Non molti sembrano averlo capito.

Secondo, la ricapitalizzazione diretta dell’ESM richiede il bail-in dell’8% dei crediti. Silvia Merler spiega su Bruegel le implicazioni per i correntisti e gli azionisti delle banche greche:”Il bail-in necessita del taglio pieno dei subordinated/other bonds, il taglio pieno dei bond senior non garantiti e anche un taglio dei depositi non assicurati tra il 13% e il 39% di tre banche su quattro. Questo porterebbe tutte le banche oltre la soglia del 4,5% del CET1 e due banche sopra la soglia dell’8%. Il restante deficit di capitale sarebbe coperto dall’ESM e dalla Grecia, ma i contributi greci sarebbero sospesi. L’ESM avrebbe effettivamente un ruolo molto contenuto“.

[…]

I creditori non sono dell’umore per dare un qualsiasi allentamento alla Grecia. Il fatto che si stanno prendendo misure per impedire che i depositi lascino il sistema bancario in ogni quantità suggerisce l’intenzione sia di fare il bail-in. Se ho ragione, il potenziale risultato economico sarebbe terribile per la Grecia.

 […]

Il bail-in dei depositi delle imprese e degli individui greci sarebbe il segnale più chiaro che la ripresa dell’economia greca non è sull’agenda di nessuno. Sarebbe una gigantesca rapina ai redditi del settore privato.

Sospetto che Alexis Tsipras pensasse che qualcosa del genere fosse in programma nel momento in cui ha insistito che parte dei proventi delle privatizzazioni andasse in nuovi investimenti. Ma sarebbe davvero abbastanza per controbilanciare le perdite delle imprese e delle famiglia greche a seguito di un bail-in draconiano?
Più lo guardo, più l’accordo mi sembra cattivo. In effetti, mi sembra che sia stato disegnato per danneggiare considerevolmente l’economia greca. Quando questo diventerà palese, i greci probabilmente cambieranno idea sul restare nell’euro. Temo sia questo il punto. In una maniera o nell’altra, la Grecia è sulla via d’uscita dall’Eurozona.
per leggere tutto clicca qui e qui

Grecia: un accordo a cui non crede nessuno

Traduzione del pezzo di Paul Mason sull’accordo di lunedì 22 tra Grecia e Eurogruppo. 

L’accordo che la Grecia vuole firmare con Bruxelles ha tre parti: bilancio, debito e investimenti pubblici. Nella frenesia delle trattative dell’ultimo minuto, condotte sotto la minaccia di una fuga dalla banche e del controllo dei capitali, i media sono stati ossessionati solo dal bilancio.

Manifestazione filo-europea ad Atene. Via.

Manifestazione filo-europea ad Atene. Via.

Il quotidiano greco Kathimerini ha pubblicato la proposta greca integrale di bilancio per il 2015-2017, preparato dai negoziatori di Syriza con l’obiettivo di raggiungere i surplus di bilancio imposto dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) e della Banca Centrale Europa (BCE). Uno dei ministri che ha presentato la proposta me l’ha descritta come “terribile”.

Per evitare altri tagli ai servizi e alle pensioni Syriza si prepara a colpire il mondo degli affari, i consumatori e i lavoratori dipendenti con un misto di tasse più alte e contributi più alti sulle pensioni. Inoltre porterà l’età pensionabile a 67 anni nei prossimi 10 anni, limitando pesantemente gli incentivi al pre pensionamento.

La proposta soddisfa le principali richieste dei creditori, nonostante questo si sta ancora contrattando sulla precisa struttura dell’IVA, sulle pensioni e sulla “riforma del mercato dei prodotti”, che è la maniera in cui l’FMI chiama la sua ossessione per le farmacie e le panetterie.

La proposta ha provocato la rabbia dei conservatori greci che fino a pochi giorni fa chiedevano un accordo, l’indignazione degli elettori di Syriza più di sinistra e la manifestazione di 5000 pensionati comunisti. Ma il problema è più grande.

Tutto ciò che abbiamo visto finora suggerisce che non funzionerà.

I creditori, come mi ha detto uno degli esperti partecipanti alle trattative, “non fanno macroeconomia”. I modelli usati nelle negoziazioni dall’Unione Europea dice che se imponi 8 miliardi di euro di tasse in più a un’economia in recessione, questa si ristringerà al massimo di 8 miliardi di euro, ma potrebbe anche crescere.

L’esperienza dell’austerità greca (e questo progetto di bilancio è semplicemente austerità di sinistra), dimostra però che bisogna considerare gli “effetti moltiplicatori”. Il FMI ha già ammesso che il suo modello è sbagliato e che l’effetto negativo del taglio di un euro potrebbe non essere mezzo euro, più probabilmente sarebbe un euro e mezzo.

La ragione per cui il FMI e l’UE stanno provando a tenere duro su questioni come l’IVA e le panetterie è che sospettano che un passaggio da duri tagli di spesa e un duro aumento redistributivo delle tasse avrà lo stesso risultato generale: l’economia calerà e il debito sarà più alto.

Ma un programma redistributivo è tutto ciò che Syriza può dare ai suoi elettori. I greci sapevano, quando facevano la proposta, che ci sarebbe bisogno di decine di miliardi di ristrutturazione del debito e decine di miliardi di fondi strutturali dall’UE per attutire il colpo.

Ma I creditori stanno resistendo. Quando si tratta del debito, come mi ha detto uno dei partecipanti alle trattative, i creditori “sono in guerra l’uno con l’altro”. Il FMI vuole cancellare dei debiti, la BCE no.

La proposta discussa è di trasferire 27 miliardi di debito greco nei confronti della BCE a un programma chiamato ESM in cui le scadenze sono tra svariati decenni e i tassi di interesse bassi.

Da quello che so, senza un chiaro impegno sul taglio del debito, i greci non possono firmare l’accordo. Alla stessa maniera, sono determinati ad ottenere dalla Commissione Europea un accordo per sbloccare i fondi strutturali per lo sviluppo.

Sono arrivati a Bruxelles preparati a fare un accordo sul bilancio e sul debito, ma pronti ad andarsene innescando un Armageddon finanziario se non dovessero ottenere nulla.

Non è petulanza. Sanno che senza un chiaro cambiamento sul debito e sui fondi strutturali, il programma sulla tassazione non funziona e in ogni caso non riuscirebbero a farlo approvare a Syriza.

La pressione degli elettori di Syriza è forte, ma variabile. I pensionati e il Partito Comunista protesterebbero in maniera forte sulle pensioni e la privatizzazione dei porti.

Ma le giovani generazioni radicalizzate sono più concentrate sulle questioni sociali: vogliono stipendi più alti, lavori più sicuri, il diritto alle unioni civili e la cittadinanza agli immigrati di seconda generazione. Vogliono la polizia epurata dai fascisti e lo stato epurato dai corrotti. Sono anche assuefatti all’idea della imprenditoria start-up, al lavoro autonomo e all’arrangiarsi con vari lavori, non necessariamente in regola.

Credono che l’unico partito che possa portare avanti questo programma di pulizia e modernizzazione sia Syriza.

La reazione della vecchia generazione, dentro e fuori Syriza, sarebbe di andare al default e lottare. La reazione dei più giovani (non importa quanto odino il FMI e la BCE) potrebbe essere di accettare le tasse alte e le scuse dei dirigenti di Syriza e spingerli a fare almeno la rivoluzione sociale minore che hanno promesso. Mandare in galera politici e affaristi corrotti, dopo tutto, non costa niente.

Ma tutto questo è accademia se Yanis Varoufakis non torna da Bruxelles con un accordo che sia accettabile, accettabile anche per se stesso. E senza un taglio del debito, è impossibile fare un accordo accettabile.

Galbraith, la Grecia e la malafede dell’Europa

Oggi parrebbe essere il giorno decisivo per la Grecia (l’ennesimo giorno decisivo, a meno che non diventi decisivo il meeting di sabato…). Fatto sta che la fine di giugno si avvicina e con essa il default sui debiti verso il Fondo Monetario Internazionale, mentre il ritiro di capitali si intensifica e la borghesia greca alza il tiro al grido di “no alla stalinismo in Grecia”.
Nell’attesa di sapere cosa accadrà, una traduzione dell’intervento del noto economista critico James K. Galbraith, apparso originariamente su American Prospect, sulla malafede dell’Europa. Perchè a essere cattivi non sono solo i tedeschi.

Malafede. Perchè un reale taglio del debito greco non è tra le possibilità

I lettori della stampa finanziaria possono essere scusate se pensano che nelle trattative tra Grecia e Europa ci sia un partner inaffidabile, il nuovo governo greco, e un partner responsabile, il fronte comune dei maggiori governi e delle istituzioni dei creditori, intenzionato a perseguire politiche razionali e l’interesse comune europeo.

Il punto di vista di Atene è diverso. L’11 giugno ho assistito a una seduta della commissione parlamentare d’inchiesta sul debito greco con la deposizione di Philippe Legrain, già consigliere dell’allora presidente dell’UE José Manuel Barroso. Legrain è un tecnocrate, un economista e una persona molto riservata. Parlò in maniera tranquilla.

Secondo Lagrein il peccato originale nella faccenda greca è stato commesso nel maggio 2010, quando fu chiaro che il paese era insolvente. All’epoca i funzionari del FMI era convinti che il debito greco dovesse essere ristrutturato e che il taglio non fosse solo necessario ma anche giusto, dato che debitori inaffidabili sono sempre accoppiato a creditori inaffidabili e che i creditori sono parzialmente compensato per il rischio della perdita.

La ristrutturazione non c’è stata. Invece un trio di francesi – al FMI, alla BCE e all’Eliseo, sostenuti da Angela Merkel – decisero di far finta che il problema greco fosse temporaneo e che ci fosse una crisi finanziaria più larga da affrontare e che il più grosso salvataggio della storia non dovesse mirato a salvare la Grecia ma a ridurre l’esposizione delle banche francesi e tedesche verso gli altri stati europei, con la quota maggiore indirizzati ai contribuenti tedeschi.

Perchè il FMI c’è stato, facendo il più grosso prestito della sua storia (32 volte la quota della Grecia) contro i dubbi dei suoi funzionari e le obiezioni di molto membri non europei? Perchè l’allora Managing Director, Dominique Strauss-Kahn, voleva diventare il Presidente della Francia.

Nello stesso momento, la Banca Centrale Europa di Jean-Claude Trichet comprava titoli greci per circa 27 miliardi, alzandone il prezzo. Perchè? Per sostenere i creditori originali, in larga parte banche francesi.

Facendo questo i poteri europei evitarono di imporre perdite alle grandi banche. Con le sue azioni Trichet bloccò la BCE nel rifiuto di accettare perdite sui titoli greci e aggirà, per non dire che ruppe, il mandato legale della BCE.

Uno dei principi di base della finanza è: non si fanno nuovi prestiti a chi è in bancarotta. Di fronte all’insolvenza, si deve ristrutturare il debito. I funzionari del FMI e i membri del board che lo sapevano furono scavalcati. I leader europei si unirono in una grande menzogna: fare finta che il debito greco fosse sostenibile. Nel 2010 i rappresentanti all’FMI di Francia, Germania e Olanda promisero (sulla base della finzione) che le loro banche avrebbero mantenuto i loro debiti greci. Nei fatti, vendettero tutto quello che poterono

Nel 2010 il governo greco avrebbe potuto ristrutturare il suo debito, secondo la legge greca, ma non lo fece. Quando la ristrutturazione avvenne nel 2012, fu secondi i termini dei creditori, cioè con la perdita del 60% del valore dei fondi pensione greci e questo è uno dei principali motivi per cui le pensioni greche sono messe così male oggi.

Nel 2010 la Grecia dovette ingoiare un programma di austerità che sarebbe stato – come promesso da Poul Thomson del board del FMI – “duro, difficile e doloroso”. Anche se il programma conteneva un “aggiustamento fiscale” senza precedenti pari al 16% del PIL, prevedeva anche che la Grecia avrebbe avuto una caduta del PIL di solo il 5%, seguito da una ripresa dall’inizio del 2013. Nel frattempo il rapporto debito/PIL sarebbe dovuto salire 150% nel 2013 per poi scendere. Nei fatti, la diminuzione del PIL greco fu 5 volte più grande e il rapporto debito/PIL è oggi al 180%. E non c’è stata nessuna ripresa.

Venne poi chiesto a Legrain venne chiesta un’opinione sugli economisti che fecero queste previsioni e sugli ufficiali che le diffusero. Su questo punto la testimonianza fu incerta. Fu incompetenza? Panico? Ideologia? Il testimone non lo sapeva. Forse, suggerì, qualcuno di loro “nella loro stupidità” pensò che avrebbe funzionato. In ogni caso “nessuno ha pagato per i propri errori”.

Il signor Thomson continua a prender le decisioni all’FMI che – anche se ora sostiene la necessità di un taglio del debito – continua a chiedere lo stesso insieme di tagli deflazionari che viene ufficialmente chiamato come “riforme”. Tra questi ci sono riduzioni selvagge delle pensioni minime, che arriverebbero a ridurre di un terzo dei pagamenti che sono già di soli 12 euro al giorno.

Nel frattempo, secondo un report della Franfurter Allgemeine Zeitung del 14 giugno, la Commissione Europea si prepara ad alleggerire le richieste di tagli alle pensioni in cambio di tagli alla spesa militare greca? Chi ha affossato questo accordo? Secondo la FAZ, l’FMI. Se all’FMI pensano che sarebbe più far pressione sul governo greco per mettere alla fame il suo popoli, non hanno proprio prestato attenzione. O, più probabilmente, data la chiara divisione e lo scompiglio tra i creditori, il FMI ha deciso che non vuole un accordo e che quindi altre trattative sono inutili.

Mentre il FMI insiste che la Grecia deve soddisfare ogni condizione posta, le cose sono diverse andando verso nord e verso est. Per l’Ucraine, secondo un’affermazione del 12 giugno della signora Lagarde  riportata da ZeroHedege, il FMI “potrebbe prestare all’Ucraina anche se l’Ucraina non può ripagare i propri debiti. Tanti saluti alla sostenibilità del debito e per il principio base per cui non si concedono nuovo prestiti a chi è già in bancarotta.

I lettori americani sono abituati a vedere la Germania, i tedeschi e la cancelliera Angela Merkele e il ministro delle finanze Wolfgang Schäuble come i cattivi di questa storia, ma questo è una sottostima del ruolo giocato in penombra dai Rasputin di Parigi. E anche di quello dello Svengali di Francoforte, Mario Draghi, che nel momento in cui scrivo minaccia il sistema bancario greco. Minacce che, nei prossimi giorni, potrebbero provocare proprio ciò che Draghi promise di evitare a qualunque costo. [Cioè, la fine dell’Euro]

 

 

GUE/NGL: il compromesso sul TTIP ignora le preoccupazioni dei cittadini

Il gruppo dei socialdemocratici al Parlamento Europeo sta sbandierando il compromesso raggiunto in commissione commercio come un grande passo avanti. Ovviamente gli europarlamentari del PD hanno cominciato a far girare questa voce di propaganda negli ambienti del movimento STOP TTIP, dopo averlo ignorato per mesi.
Il GUE/NGL, il gruppo della Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica che raccoglie le sinistre radicali di vari paesi europei, tra cui gli eletti della lista italiana L’Altra Europa e quelli di SYRIZA, ha votato contro il compromesso. Questo è il comunicato pubblicato sul sito del GUE:

I sostenitori dell’accordo commerciale ad ampio spettro (TTIP) tra Unione Europea e USA hanno ottenuto una larga maggioranza nel voto odierno alla commissione commercio del Parlamento Europeo su una risoluzione sulle richieste del Parlamento sui negoziati in corso.

Helmuto Scholz [Die Linke, Germania], relatore per il gruppo parlamentare GUE/NGL ha criticato questo risultato: “Il compromesso tra il relatore Lange (gruppo S&D [socialdemocratici, il gruppo del PD] e i gruppi conservatori e liberali ignora deliberatamente le profonde preoccupazioni espresse nel dibattito pubblico in molto paesi membri dell’UE a proposito della creazione di un mercato comune transatlantico.”

Ha aggiunto: “La grande maggioranza delle persone al di fuori della stanza del Comitato rifiuta il meccanismo di risoluzione delle dispute tra investitori e stati (ISDS), ma questo europarlamentari che ne sono favorevoli pensano di saperla più lunga. A mio parere, è arrogante che gli emendamenti tratti dalle opinioni di 5 altre commissioni, incluse quelle degli affari legali e degli affari costituzionali, che hanno chiesto di opporsi all’ISDS, siano stati completamente ignorati, tanto quanto 1 milione e 900mila cittadini europei che hanno già firmato una petizione contro l’ISDS.”

La commissione commercio ha anche respinto le richieste di prevenire la formazione di un “consiglio di cooperazione regolatoria” nel TTIP.

L’eurodeputata olandese Anne-Marie Mineur [Socialistische Partij] ha commentato: “E’ scandaloso vedere come alcuni gruppi politici siano disposti a rinunciare al controllo parlamentare sulle future leggi europee e degli stati membri. Questi europarlamentari, sostenendo il riconoscimento reciproco di differenti standard in Unione Europea e negli USA e alla procedura di sorveglianza per ogni legge che riguardi il commercio e gli investimenti, si dispongo a rinunciare alla democrazia parlamentare per la loro fede quasi religiosa nei benefici promessi del libero scambio.”

L’europarlamentare italiana Eleonora Forenza [L’Altra Europa – Rifondazione Comunista] ha spiegato: “Il TTIP non creerà posti di lavoro, è più probabile che ne brucerà un milione in tutta l’Unione Europa a causa dell’aumentata concorrenza. Questo è il risultato che esce da diversi studi sugli effeti [del TTIP] ed è stato confermato dal capo economista della Direzione Generale del commercio. In ogni caso, ogni nostra proposta, anche solo di nominare questi dati, è stata respinta al voto.”

Altra questione respinta al voto sono state la richiesta di un approccio di “lista positiva” alla salvaguardia di servizi pubblici e altri servizi importanti dagli impegni di liberalizzazioni, come richiesto dalla commissione delle regioni e da molte altre commissioni del Parlamento Europeo.

Rimetteremo in discussione degli emendamenti cruciali al voto in plenaria il 10 giugno, speriamo sinceramente che la maggioranza del parlamento voti diversamente dalla maggioranza della commissione commerci.” ha concluso Helmut Scholz. “Gli europarlamentari dovrebbero ascoltare i loro popoli nei loro collegi di elezione.”

Due note
L’ISDS è una delle parti più contestate dell’accordo. Sostanzialmente sarebbe un meccanismo per cui gli investitori (cioè, i capitalisti) potrebbero citare in giudizio gli stati che facciano delle leggi nocive per i loro affari. Per di più, è un meccanismo che non passa attraverso i tribunali degli stati ma attraverso dei tribunali privati. L’esempio classico è quello dei grandi produttori di sigarette che potrebbero portare in giudizio gli stati per la legislazione anti-fumo

L’approccio di “lista positiva” significa che si nominano esplicitamente i servizi esclusi dalla liberalizzazione.

Per firmare l’appello della campagna STOP TTIP clicca qui

Tre opzioni per Syriza

GRECIA: IL CAPPIO SI STRINGE

Di Stathis Kouvelakis su http://www.jacobinmag.com

Senza amici

L’isolamente del governo greco è diventato ancora più percettibile dopo le recenti dichiarazione del Presidente Obama […] per cui il governo dovrebbe muoversi rapidamente sulla strada delle “riforme” e accontentate tutte le richieste dei creditori.

[…] Allo stesso tempo la prospettiva di un aiuto immediato da Mosca come risultato della visita del Primo Ministro greco Alexis Tsipras a Mosca sembra svanita. L’accordo sul gasdotto […] con un anticipo sui profitti futuri di 5 miliardi di euro è stato rimandato a dopo l’incontro di Tsipras con il presidente di Gazprom […]. Può non essere una coincidenza che i russi si siano ritirati dopo che l’UE ha lanciato un’azione legale contro Gazprom con dubbie accuse di “abuso di mercato” e “infrazione delle regole europee sui monopoli”.

Opzioni

A questo punto sembrano essere rimaste solo queste tre opzioni al governo di Syriza

1) Lo “scenario buono”, che ancora quello favorito dal governo, è che l’Europa faccia concessioni e si possa raggiungere presto un compromesso […]

2) Il governo greco si arrende. Questo è ovviamente l’obiettivo dell’Europa. In una recente intervista alla Reuters Tsipras ha chiarito che ci sono “disaccordi politici, non tecnici” su quattro questioni-chiave: leggi sul lavoro, riforma delle pensioni, aumento dell’IVA e privatizzazioni […] fare concessioni su questo equivarrebbe alla resa e al suicidio politico di Syriza.

3) Il governo greco fa default sul debito. In una recente intervista all’Huffington Post, Varouffakis ha detto che se il governo dovesse scegliere tra pagare i creditori e pagare salari e pensioni, darebbe priorità alla seconda opzione. Ma ovviamente questo significa una rottura decisiva e l’uscita dall’eurozona (nell’ipotesi migliore lo scenario della doppia valuta può durare alcuni mesi).
La complicazione qua è che fare default a Maggio significa farlo sui pagamenti al FMI, con enormi complicazioni a livello commerciale (il FMI può imporre sanzioni che renderebbero l’accesso al credito privato quasi impossibile). La Grecia dovrebbe preferibilmente fare default sui prestiti europei, ma questi scadono in estate e sembra quasi impossibile resistere fino ad allora.

Prepararsi allo scontro

Adesso è impossibile prevedere quale tra gli ultimi due scenari, gli unici realistici, prevarrà. I segnali in queste ultime settimane sono sempre più contraddittori: da una parte il tono dominante è quello di fiducia e ottimismo sulla possibilità di raggiungere un “onesto compromesso” che è l’obiettivo di Alexis.

Dall’altra ministri molto vicini a Tsipras, come il ministro degli interni Voutsis e il Ministro del Lavoro Skourletis, hanno dichiarato che “ci piacerebbe restare sulla nave chiamata Europa ma il capitano ci sta spingendo fuoribordo, dobbiamo provare a nuotare”.

Sulla stessa linea il vice ministro delle finanze Tsakalotos che ha dichiarato il 26 marzo che “se non si tiene a mente la possibilità di una rottura, allora ovviamente i creditori imporranno le stesse misure che hanno imposti ai governi precedenti”.

[…]

Lo stato dell’opinione pubblica riflette questa incertezza. L’entusiasmo e lo spirito combattivo delle prime tre settimane ora hanno lasciato il posto a una situzione più complessa: il sostegno alla strategia del governo è ancora alto ma significativamente più basso che nei mesi precedenti. Le strade sono calme.

Le recenti mobilitazioni sembrano ristrette a pochi settori (anarchici e comunità locali contro le miniere d’oro a Skouries, nel nord della Grecia) con effetti contraddittori: l’agitazione degli anarchi ha accelerato il voto in parlamento di una legge che alleggerisce le condizioni delle prigioni e abolisce il regime carcerario “ad alta sicurezza”.

La situazione sembra più confusa a Skouries, con la polizia che contrasta i dimostranti e gli operai della miniera che marciano ad Atena in sostegno della continuazione dell’estrazione, sostenuti dai padroni canadesi e dall’opposizione di destra.

L’elemento principale che alimenta la preoccupazione è comunque il fatto che il terrorismo sulla “grexit” non viene contrastato a livello di opinione pubblica. L’opposizione di destra e i media, sempre più ostili al governo […], associano l’uscita dall’euro all’apocalisse […].

Ma la risposta del governo si limita a dire che questa prospettiva sarà evitata dal “compromesso onesto” […]. Un discorso che non mobilita la base di Syriza e non prepara l’opinione pubblica all’eventuale rottura con l’Europa.

Col Partito Comunista che rimane fermo sull’opposizione settaria, col suo segretario che dichiara che rifiuterà ogni sostegno anche in caso di uscita dall’eurozona […] è responsabilità della sinistra di Syriza proporre l’unico approccio sensato che possa evitare il fallimento: mantenere ferma la linea di scontro con l’UE e preparare il movimento popolare e la società greca in senso largo a una traiettoria radicalmente diversa, in Grecia e a livello internazionale.
La posta in gioco non potrebbe essere più alta

Per leggere tutto (in inglese) clicca qui.

GUE/NGL: atteggiamento vergognoso dei leader europei sui migranti

Traduzione del comunicato del gruppo del Parlamento Europeo Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica (GUE/NGL)

La Presidente del GUE/NGL Gabi Zimmer ha risposto all’incontro straordinario di ieri del Consiglio Europeo sulla situazione nel Mediterraneo.

L’europarlamentare tedesca ha detto: “Invece di concentrare i nostri sforzi sul salvataggio dei rifugiati i Capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea hanno rinforzato la difesa delle frontiere con Frontex e l’operazione Triton. Triplicare gli attuali fondi di 9 milioni di euro al mese è insufficiente se non si espande l’are dove avvengono le operazioni di salvataggio. Solo espandendo l’area il programma italiano Mare Nostrum è stato capace di salvare 150810 persone dall’affogamento con un bilancio di 110 milioni l’anno.

[Zimmer] Ha anche criticato l’idea di combattere i trafficanti di esseri umani con mezzi militari dato che questo non fa altro che peggiorare la situazione dei rifugiati e dei migranti.

L’europarlamentare Zimmer ha continuato: “L’Unione Europea ha bisogno di un programma indipendente per il salvataggio di migranti e rifugiati in pericolo. Questo è l’unico modo per assolvere i nostri doveri morali e non dover quindi piangere lacrime di coccodrillo per gli annegamenti che avvengono ogni qualche settimana. Il Parlamento Europeo dovrebbe bloccare qualunque futuro bilancio dell’Unione Europea che non includa un programma del genere. Persone in fuga dalla povertà, dalla guerra e dalla miseria hanno bisogno di una via legale e sicura verso l’Unione Europea, altrimenti sono lasciati alla mercé dei trafficanti criminali.”

Zimmer ha anche commentato l’annuncio del Primo Ministro britannico David Cameron per cui è pronto a salvare i migranti e scaricarli in Italia ma non a ricollocarli nel Regno Unito. 

“Questo atteggiamento mostra quanto siamo lontani da una soluzione comune in Europea sulle migrazioni,” ha detto. “Inizialmente erano menzionati 5000 luoghi per un primo progetto pilota volontario di ricollocazione nell’Unione Europea, nel testo finale della riunione anche il piccolo numero di 5000 era sparito.”

L’impressione è che se questo incontro si fosse svolto con Orban, Le Pen, Farage e Salvini il risultato sarebbe stato di poco diverso.

Profezie sul crollo della Cina. Un tanto al chilo.

Le profezie sul crollo della Cina vengono via un tanto al chilo, sono appena poco più costose della morte di Fidel Castro. Per una volta, però, a profetizzare non è un’idiota qualunque su Repubblica ma David Shambaugh con l’articolo The Coming Chinese Crack-up. Shambaugh è un rispettatissimo accademico che ha studiato a lungo l’organizzazione del Partito Comunista Cinese, ha al suo attivo monografie che sono usate come testi d’esame in tutto il mondo ed è un consigliere politico che conta a Washington. Insomma, uno che di solito non spara cazzate.

Stupisce quindi che da un mese il mondo stia parlando di un articolo che, per dare il tono, argomento uno dei punti fondamentali, la scollatura tra i membri del Partito e la linea ufficiale, così:
A dicembre sono stato a Pechino per una conferenza alla Scuola Centrale del Partito, il più alto istituto di istruzione dottrinaria del Partito e, ancora una volta, i maggiori ufficiali del paese e gli esperti di politica estera hanno ripetuto gli slogan a memoria. Durante una delle cene sono andato alla libreria del campus, una tappa importante per aggiornarmi su cosa viene insegnato ai quadri. I tomi sugli scaffali spaziavano dalle Opere Scelte di Lenin alle memorie di Condoleeza Rice, il tavolo all’ingresso era pieno di copie del pamphlet di Xi Jinping per la promozione della “linea di massa”, ovvero la connessione del Partito alle masse. Ho chiesto al commesso se stesse vendendo. Ha risposto che non vendeva, li regalano. La dimensione della pila di libri suggerisce che non è esattamente un best seller.

L’argomentazione è, per dirla in altre parole, che ha fatto una domanda a un commesso…

Ma tant’è, Shambaugh non è un pirla e merita una risposta più articolata della mia facile ironia. Riporto un pezzo dell’intervista fatta da Cinaforum a Guido Samarani.

Dall’adattamento al crollo, l’ultima profezia sulla morte del PCC

intervista di Michelangelo Cocco a Guido Samarani su Cinaforum

Professor Samarani, come valuta l’articolo del suo collega Shambaugh?

Si tratta di un’ipotesi che arriva da uno studioso serio, di valore internazionalmente riconosciuto, dunque va considerata con attenzione. Quella sul crollo del PCC è una questione che ricorre, periodicamente, fin dal periodo delle riforme (alla fine degli anni Settanta, ndr) e che soltanto ultimamente si era un po’ spenta. Il tema, a mio avviso, è un altro: se cioè il PCC sia in grado di governare bene questa società in una fase di profonda trasformazione. Al momento infatti non vedo sintomi evidenti, premesse per quello che Shambaugh chiama crackup. Fino a non molto tempo fa, Shambaugh parlava di “atrofia e adattamento”, ma mi pare che in questo suo ultimo contributo abbia cancellato le capacità di adattamento. Io, al contrario, ritengo che il PCC abbia seri problemi, ma anche, ancora, spazi non indifferenti di capacità di adattamento.

 

Cosa può aver spinto Shambaugh a cambiare così nettamente visione?

Non riesco a cogliere – facendo un paragone tra quanto scritto prima e quanto sostenuto nell’articolo apparso sul quotidiano finanziario statunitense – le motivazioni scientifiche di questo cambiamento radicale. L’articolo prende le mosse dalla recente sessione annuale dell’Assemblea Nazionale del Popolo (il Parlamento cinese): Shambaugh sembra mettere “sotto accusa” la modalità di gestire le contraddizioni da parte del presidente Xi Jinping e della nuova generazione. Con la sua campagna anticorruzione – sostiene l’autorevole sinologo – Xi sta esercitando una pressione intollerabile sull’economia e la società. Può anche darsi, ma non mi pare vi siano segnali evidenti di questo “stress intollerabile”. Noi sinologi, Shambaugh compreso, abbiamo sempre sottolineato come la corruzione abbia tradizionalmente rappresentato uno dei mali più pericolosi per il Partito. Quindi ora valutare questo “stress” come un eccesso mi sembra un po’ contraddittorio.

 

Per leggere tutto clicca qui.

Lapavitsas su Varoufakis, Syriza e il marxismo

Pubblico un pezzo dell’intervista Greece: Phase Two fatta da Sebastian Budgen, editor di Historical Materialism, a Costas Lapavitsas, deputato di Syriza e uno dei principali esponenti della Piattaforma di Sinistra, per la rivista Jacobin Magazine. La parte che traduco qui è concentrata sul rapporto, teorico e pratico, tra l’anima propriamente marxista di Syriza e quella da “sinistra diffusa” che viene incarnata da Varoufakis. Nella parte che non ho tradotto, l’intervista si concentra in una lunga trattazione dell’ipotesi di uscita dall’euro delineata da Lapavitsas in Against The Troika (disponibile in formato elettronico sul sito dell’editore VersoBooks).

Parliamo di Varoufakis. Ovviamente, c’è stato un gran chiacchiericcio mediatico su Varoufakis, la sua personalità, il suo stile, e così via. Ci sono stati anche interventi più seri a suo riguardo, per esempio quello di Micheal Roberts che lo definisce “più eccentrico che marxista”. Prima di tutto, Varoufakis che ruolo aveva nella sinistra greca prima della vittoria di Syriza.

So che ci sono stati molti interventi su Varoufakis, il suo stile di vita e sue posizioni. Non voglio parlane, lo lascio ad altri, non ora, magari più in là si potrà parlare dell’impatto che ha avuto sulla politica e così via.

Per quanto riguarda la domanda se sia un marxista, un radicale o altro, consiglierei più attenzione nell’uso del termine “marxista”. Lo consiglio in particolare a chi si proclama marxista perché usa determinate parole e parla molto di marxismo, mentre nella sostanza dell’analisi svolta segue linee politiche ed economiche tra le più prosaiche che si possano immaginare. Facciamo più attenzione nel chiamare qualcuno “marxista”, grazie. Questa non è più politica da aule universitarie, è roba seria, ok?

Quindi, su Varoufakis: lo conosco da lungo tempo come economista, ovviamente. Non penso che si possa definire una persona di sinistra nel senso radicale del termine e di certo non un rivoluzionario, non nel senso in cui intendiamo questi termini in Grecia. Possiamo per dire sicuramente che appartiene alla “sinistra del centro” [in Grecia ci si riferisce comunemente alla socialdemocrazia come “centro”, in Italia diremmo “centrosinistra”, ndt].

È sempre stato di quella posizione, è sempre stato eterodosso e critico in economia, ha sempre rigettato l’economia neoclassica e le teorie neoclassiche nel suo lavoro, è sempre stato pronto a fornire consigli politici al di fuori degli schemi ed è sempre stato pronto a ragionare su alternative praticabili.

Questi sono tutti punti positivi. Quando si guarda alla sua storia, però, bisogna riconoscere che è stato anche un consigliere del governo di George Papandreou, il primo a introdurre i piani di salvataggio in Grecia, e che gli è rimasto legato per un significativo periodo di tempo. Per questo non penso che si possa chiamare “di sinistra” in maniera sistematica.

Lo stesso Varoufakis si posizione in un quadro keynesiano e si relazione con persone come  James Galbraith, apertamente keynesiano.

 

Voglio essere chiaro su questo. Keynes e il keynesismo, sfortunatamente, rimangono gli attrezzi migliori che abbiamo, da marxisti, per affrontare le questioni qui e ora. Ovviamente la tradizione marxista è molto forte nell’affrontare le questioni di medio e lungo termine, nel comprendere le dimensioni di classe e sociali dell’economia e della società in generale. In questi campi non c’è nessun paragone possibile.

Ma per affrontare le politiche nel qui ed ora, sfortunatamente, Keynes e il keynesismo rimangono un importante set di idee, concetti e strumenti anche per i marxisti. Questa è la realtà. Ci sono persone che usano le idee e non le riconoscono come keynesiane, non lo voglio commentare, ma succede.

Quindi non posso criticare Varoufakis perché si relazione ai keynesiani, perché l’ho fatto anch’io, apertamente ed esplicitamente. Se mi potessi mostrare un’altra idea di come fare le cose, sarei ben lieto di seguirla. Ti assicuro però, dopo molti decenni di lavoro sulla teoria economica marxista, che al momento non c’è altra possibilità. Quindi si, Varoufakis ha lavorato con i keynesiani, ma questo non è un problema.

Ovviamente stabilisci una differenza tra il marxismo come strumento analitico e il keynesismo come strumento politico, ma le due scuole hanno anche obiettivi diversi. Varoufakis lo dice esplicitamente: il suo obiettivo è salvare il capitalismo da se stesso. Non vedi questo come una linea di separazione significativa?

Certo! Keynes non è Marx, il keynesismo non è il marxismo. Ovviamente c’è una differenza tra di loro, è come dici te. Il marxismo riguarda il rovesciamento del capitalismo e punta al socialismo. È sempre stato così e rimarrà così. Il keynesismo no, riguarda il miglioramento del capitalismo e anche salvarlo da se stesso.

Comunque, quando si parla di questioni come la politica fiscale, il tasso di scambio, la politica bancaria e così via (questioni su cui la sinistra marxista deve necessariamente produrre politiche serie piuttosto che denunciare il mondo dalle proprie camerette) allora si scopre rapidamente che, piaccia o no, i concetti che usava Keynes e i concetti su cui lavorano i keynesisti sono indispensabili per costruire una strategia marxista.

Questo è quello che sto dicendo. Purtroppo non c’è altra via e quando i marxisti lo capiranno, allora le loro posizioni diventeranno realistiche e rilevanti.

Parliamo dei negoziati, nelle loro varie fasi. Penso che si possa correttamente dire, non so se sei d’accordo, che ci siano due interpretazioni su cosa sia successo durante i negoziati.

La prima interpretazione, dominante sia nella sinistra marxista sia nella stampa finanziaria (con l’eccezion di Krugman e Galbraith) è che i greci, Varoufakis e gli altri, hanno giocato a poker senza avere le carte buone, senza un sostegno per la propria strategia, e sono stati fondamentalmente battuti dall’Unione Europea e in particolare dai tedeschi.

L’altra interpretazione, che viene dai media pro-Varoufakis e pro-dirigenza di Syriza, è che i greci abbiano affrontato I negoziati molto bene e siano riusciti a ribaltare il tavolo almeno parzialmente mettendo i tedeschi sulla difensiva, guadagnando spazi di manovra che altrimenti non avrebbero avuto, legittimando il proprio discorso sull’impagabilità del debito e sull’inefficacia dell’austerità, e così via.

Non so se concordi su questa caratterizzazione delle interpretazioni dominanti. Se sì, dove si posizione la tua interpretazione?

Mi ritrovo in molto di quello che dici. Non mi voglio posizionare rispetto a queste due interpretazione, anche se sono concorde con te. Ti dirò cosa penso, poi starà ai lettori capire a quale lato sono più vicino.

Il mio punto principale, quello da cui parto, è che il governo è andato ai negoziati con un approccio […] per cui si può andare ai negoziati e domandare e lottare che cambiamenti significativi, inclusi la fine dell’austerità e la cancellazione del debito, rimanendo fermamente nei confini dell’unione monetaria.

Questo è il punto-chiave, è quello che nei miei lavori ho chiamato approccio dell’euro buono. Cioè che cambiando le politiche vincendo le elezioni, cambiando gli equilibri tra le forze politiche in Grecia e in Europa, si possa negoziare e trasformare l’unione monetaria e l’intero complesso europeo con le carte che porteremo al tavolo. Questo è l’approccio con cui sono andati ai negoziati, la strategia era determinata da questo.

Ora, ci sono elementi d’inesperienza, inevitabili, elementi di personalità, inevitabili e a cui abbiamo già alluso parlando di Varoufakis,  e così via. Sono elementi importanti. Comunque, il punto chiave non era quello. Il punto era la strategia e bisogna capirlo bene, perché se no ci si perde nelle discussioni sul poker, sui bluff e su questo e su quello e su quell’altro ancora.

Il governo aveva una strategia e l’ha applicata. E ha scoperto la realtà. La realtà è che, io penso, questa strategia è finita. Non ha funzionato. Sì, gli equilibri politici sono cambiati in Grecia, anche drammaticamente. Non sono solo il 40% dei voti al governo, ma anche l’80% di sostegno popolare, come dimostrano i sondaggi. Ma questo è contato molto poco nei negoziati.

Perché? Perché i limiti dell’unione monetaria sono quelli che sono. Non sono influenzabili a questo tipo di argomenti. Si tratta d’istituzioni molto rigide che portano con sé un’ideologia e un approccio alle cose. Un governo di sinistra in un piccolo paese non è abbastanza da far cambiare posizione al lato avverso.

Quindi, i greci sono andati con grandi speranze e sono caduti nella trappole che le istituzioni avevano preparato. La trappola fondamentalmente significa (a) taglio alla liquidità e (b) taglio ai finanziamenti per il governo. In questa maniera le istituzioni hanno fatto pesare il vantaggio strutturale nei confronti dei greci.

I greci non avevano alternative, non potevano fare nulla. Syriza non poteva fare nulla perché aveva accettato i confini dell’euro. Fin tanto che accetti i confini dell’euro, non puoi dare risposte efficaci. Questo è il motivo per cui alla fine è uscito quello che è uscito.

Hanno provato a fare qualcosa di diverso, dall’altra hanno puntato i piedi, specie i tedeschi. Verso la fine dei negoziati è stata una questione di giorni prima della chiusura delle banche. In questa situazione i greci hanno infine accettato un brutto compromesso.

[…]

Penso che molti fuori dalla Grecia abbiano difficoltà a capire sia l’idea che si possa rimanere attaccati all’euro per principio sia l’idea, che sembra molto ingenua , che questi governi social-liberali (neoliberisti, nel caso di Obama) potrebbero in qualche maniera essere obiettivamente alleati contro la Germania e i falchi dell’Unione Europea. Cosa ne pensi?

La mia lettura del quadro analitico, quando la guarda come economista politico, è completamente disastrosa, l’ho detto apertamente. L’ho detto già anni fa e penso che gli eventi delle ultime settimane abbiano confermato la mia posizione iniziale. Penso che, da marxisti, dobbiamo cominciare dall’economia politica della situazione, non dall’equilibrio tra le forze politiche. Purtroppo la sinistra greca e una gran parte della sinistra europea fanno al contrario.

Cioè, comincia con la geopolitica piuttosto che con l’economia politica?

Con la geopolitica e con la politica interna, con l’equilibrio delle forze politiche, a questo è stato ridotto il marxismo, purtroppo. E quando si comincia con la politica, interna o internazionale, è facile imbarcarsi in voli di fantasia. È facile iniziare a pensare che, in fondo, tutto sia politica e che, potendo cambiare l’equilibrio delle forze politiche, tutto sia raggiungibile.

Mi spiace, ma non è così, e non è marxismo. Come marxisti pensiamo che la politica derivi in ultima analisi dalla realtà materiale delle relazioni economiche e di classe. È un’affermazione di Marx, davvero profonda, se intesa correttamente e non meccanicamente. La conclusione è che questa frase significa che non tutto è conseguibile attraverso la politica.

Ed è esattamente quello che abbiamo visto. Perché? Perché l’economia politica dell’unione monetaria è schiacciante. Ci piaccia o no, l’Europa e la Grecia esistono dentro I confine di un’unione monetaria.

Purtroppo gran parte della sinistra marxista ha fatto finta di niente o ha capito male l’importanza del denaro. Non è sorprendente, perché la sinistra europea non comprende il denaro e la finanza. Fa finta di capire, ma non capisce.

Ripeto, ciò che è praticabile e ciò che non è determinato in ultima istanza dall’economia politica dell’unione monetaria. Dentro i confini del capitalismo europeo, ovviamente, il capitalismo è la questione dirimente. Syriza ha appena scoperto questo ed è ora che cominci a riconsiderare le cose e inizi a ripensare come modellare le politiche e l’approccio politico dentro questi confini.

Se Syriza vuole raggiungere altri obiettivi politici, deve cambiare il quadro istituzionale, non c’è altra via. Per cambiare il quadro, bisogna muoversi verso una rottura, non si può riformare il sistema euro. È impossibili riformare l’unione monetaria. È questo che è diventato chiaro.

Questa posizione non è come dire che non puoi fare nulla se non si è rovesciato il capitalismo? Cioè quello che dicono settori dell’estrema sinistra? Che è chiaramente un assurdo estremismo di sinistra. Non c’è bisogno di una rivoluzione socialista e non c’è bisogna di rovesciare il capitalismo per fare piccole cose. Ovviamente, miriamo al rovesciamento del capitalismo e ovviamente vorremmo vedere la rivoluzione socialista. Ma non è nelle carte disponibili al momento.

Per liberarsi dell’austerità non c’è bisogno della rivoluzione socialista in Grecia, non c’è bisogno di rovesciare il capitalismo. Ma certamente c’è bisogno di liberarsi dal quadro istituzionale dell’euro. Questa semplice cosa non è capita, o non è abbastanza apprezzata, dentro Syriza e dentro la sinistra europea, e questo va tragicamente avanti da anni.

tsipras-marx-spettro-a1

E la ragione è che è circa la posizione di Antarsya e del KKE e che, a causa dell’equilibrio delle forze politiche, non si può concedere la vittoria su questi argomenti ai critici di sinistra?

In parte sì. È una malattia di lungo corso della sinistra greca, e devo dire anche in ciò che rimane della sinistra britannica, che avvelena questo livello di discorso.

Ma c’è qualcosa di più profondo, non è semplicemente il correntismo patologico. La vera questione, all’interno della sinistra che non fa parte di Syriza, è la paure del potere, mascherata dietro i paroloni. Nel caso del KKE si parla sempre di potere dei lavoratori, nel caso di Antarsya ogni frase riguarda il rovesciamento del capitalismo e l’instaurazione del comunismo. Tutto questo nasconde una profonda paura del potere!

Pensano che la gente non lo capisca ma è perfettamente ovvio che queste organizzazioni sono spaventate fino al midollo dalla prospettiva delle responsabilità e del potere. È per questo che assumono posizioni estremiste di sinistra.

C’è un modo di dire in Grecia per cui un uomo che non vuole sposarsi continua a fidanzarsi. È quello che i comunisti del KKE stanno facendo, non vogliono affrontare le questioni del qui e ora quindi parlano della rivoluzione.

In questo modo, non devi affrontare la questione dell’euro. Fai finta che la questione dell’euro sia una questione minore, laterale o cos’altro. Oppure rilanci la questione all’infinito: bisogna uscire dall’Unione Europea, dalla NATO, da questo, da quello e da quell’altro. In altre parole, rispondendo a tutto non dai una risposta specifica a nulla.

Una lettura più benevola potrebbe essere quella per cui sono preoccupati per gli effetti del potere di un governo di sinistra basandosi sugli esempi storici. Non hanno paure del potere in se quanto di distruggere l’autonomia dei movimenti sociali.

Potrei usare un detto inglese: se hai paura del fuoco, stai alla larga dalla cucina. La politica non è teorizzare, non discutere nelle camerette.

La politica riguarda la società per com’è, e la società Grecia vuole risposte qui e ora. Purtroppo, solo Syriza ha cominciato a fornirle a suo modo, ed è per questo che sta dove sta e le altre organizzazioni stanno dove stanno.

Ora ci sono i cosiddetti “quattro mesi d’aria”. C’è molta incertezza su come le varie riforme proposte dal governo saranno attuate in pratica, sia per le riforme redistributive promesse in campagna elettorale sia per la questione delle privatizzazioni, che sono una delle linee invalicabili.

Ora ci sono anche divisioni che tutto possono vedere dentro Syriza, col Comitato Centrale e così via. Come vedi questa fase, da qui all’estate?

Sarà un periodo molto duro per il governo e per Syriza. Un periodo molto duro. Ovviamente, è il risultato del compromesso siglato nei negoziati. Fondamentalmente i creditori e l’UE hanno intrappolato Syriza, il governo subirà costantemente pressioni per rispettare gli obiettivi fiscali.

A marzo scadono dei pagamenti sul debito molto pesanti che stanno già creando problemi, perché il sistema delle tasse sta collassando. Ad aprile il governo dovrà completare una revisione del processo in atto, ovvero una revisione del programma, e sarà un periodo infernale perché ovviamente le istituzioni monetarie saranno rigide.

E poi in maggio il governo dovrà prepararsi al negoziato di giugno per un nuovo accordo di lungo termine per finanziare in qualche maniera il debito e ottenerne la riduzione che Syriza ha promesso al popolo greco. Il tempo tra ora e giugno volerà veloce e sarà un tempo di frizioni e lotte costanti per evitare la crisi, o meglio un periodo in cui si affronterà la crisi giorno per giorno.

In questo contesto, dal mio punto di vista, il governo ha solo due opzioni reali se vuole sopravvivere e se vuole fare ciò per cui è stato eletto.

La prima è cominciare ad applicare il programma per quanto possibile. È di primaria importanza che le leggi vengano approvate dal parlamento dimostrando alla popolazione che intendiamo fare ciò che diciamo e che, anche nei limiti del patto con l’Europa, possiamo portare a casa dei risultati, anche infrangendo quei limiti per quanto possibile.

La seconda cosa che il governo dovrebbe fare, ovviamente, è imparare la lezione dal fallimento della strategia che ha portato al pessimo accordo di febbraio e inizia a preparare un approccio differente per i negoziati in giugno. Se ci si approccerà a questi negoziati con la stessa strategia, il risultato sarà lo stesso.

Quindi per te le questioni chiave su cui il governo può avanzare dovrebbero essere la riconnessione alla rete elettrica delle famiglie, forse la rivalutazione delle pensioni e dell’assistenza medica, ma non questioni che sono già state escluse come l’aumenti del salario minimo, la ri assunzione dei lavoratori pubblici e la rinegoziazione o reversione delle privatizzazioni?

Dobbiamo essere cauti e realistici. Il governo è in un angolo, per le ragioni che abbiamo discusso. Quattro mesi sono pochi. Il governo è anche senza esperienza e la macchina dello stato si muove lentamente ed è generalmente ostile al nuovo governo. L’accordo firmato non tende a grandi cambiamenti nell’immediato, di sicuro non quelli di un governo di sinistra.

Quindi, dobbiamo stabilire delle priorità tra ciò che si può fare e non si può fare in questo breve periodo per mantenere il sostegno popolare e dimostrare alla gente che non siamo come gli altri. Saremo giudicati in base a quali promesse riusciremo a mantenere nei prossimi quattro mesi.

Certamente, la prima cosa è la legislazione sulla crisi umanitaria, e su questo abbiamo già iniziato a lavorare. Sono molto importanti anche le leggi per affrontare i debiti nei confronti del settore pubblico e la questione delle tasse. L’aumento del salario minimo, anche se rimane un nostro impegno che dovremo onorare, può attendere quattro mesi, non è la fine del mondo.

Bisogna essere attenti quando si scelgono le priorità. L’UE e le altre istituzioni faranno pressione per non introdurre le cose che ho menzionato, dobbiamo rimanere fermi nel respingere queste pressioni. Se non lo facciamo, siamo finiti.

Per leggere tutta l’intervista (in inglese) clicca qui.

Tsipras comincia a ballare: veto della Commissione Europea sull’elettricità gratis in Grecia

Scrive Paul Mason direttamente sul suo facebook:

Con un preavviso di appena 24 ore la Commissione Europea ha posto il veto a un’importante legge la cui discussione è stata programmata per domani al Parlamento Europeo. La cosiddetta “Legge sulla crisi umanitaria” prevede l’erogazione di energia elettrica gratis ad alcune famiglie e misure contro la povertà tra pensionati e senzacasa.

In una comunicazione visionata da Channel 4 [tv pubblica britannica per cui lavora Mason, ndt], Decland Costello (direttore per gli affari economici e finanziari della Commissione) ha però ordinato al governo guidato dalla sinistra radicale di fermarsi. E’ stato posto il veto anche una legge, prevista per il passaggio in parlamento per giovedì, che permetterebbe di pagare in rate gli arretrati fiscali.

La mossa arriva mentre il primi ministro greco Alexis Tsipras ha richiesto che al summit di giovedì vengano svolti colloqui a cinque[Tsipras, Draghi, Juncker, Merkel e Hollande, ndt], e in vista di una decisione cruciale della Banca Centrale Europea sulla ripresa dei prestiti alle banche greche.

La lettera di Costello dice:

Durante la teleconferenza di questa notte avete menzionato il passaggio parlamentare pianificato per domani della legge sulla crisi umanitario. Da quello che dire capiamo che altre iniziative, come la legge sulla rateizzazione, sono pianificate per andare a breve in parlamento.

Vi sollecitiamo fortemente a condurre prima le dovute consultazioni, incluse quelle sulla coerenza con gli sforzi di riforma. Ci sono molte questioni da discutere e vanno discusse come un insieme coerente e unitario. 

Qualunque altro metodo rappresenterebbe un’azione unilaterale e frammentarie che non corrisponde agli impegni presi, inclusi quelli con l’eurogruppo annunciati il 20 febbario.”

La Commissione Europea è stata vista come la più conciliante delle istituzioni che venivano indicate come Troika. La lettera di Costello dice, in sostanza, che se il parlamento greco vota la nuova legge domani, si tratterà di una violazione del compromesso firmato dal ministro delle finanze Yanis Varoufakis il 20 gennaio a Bruxelles.